Il racconto del Padiglione Italia dell’Esposizione Universale, fino al 13 ottobre 2025 vedrà i progetti di 160 Paesi sotto il tema “Progettare la Società del Futuro per le Nostre Vite”
Andrea Borgogni

Le sedute sono la sua passione: ogni anno ne produce una. La sua scelta? Una via tradizionale della pratica del design, nella più assoluta responsabilità.
Dal 2011, anno in cui ha avviato la sua professione in modo indipendente, si è fatto subito notare e ha vinto un premio dopo l’altro, compreso il SaloneSatellite Award nel 2013. Con esperienze in diversi ambiti progettuali, non nasconde la sua passione per le sedie, che disegna con grande abilità, e per le cose fatte bene. Con una particolare attitudine al fare artigianale, più che il futuro, a preoccuparlo è il presente nel quale ritiene che bisogna agire il più responsabilmente possibile. E in fretta.
Questa sedia per me è tutt’ora il progetto più complicato che io abbia mai affrontato partendo da un’idea senza un reale committente, e riuscire a produrlo se ben solo in campioni da mostrare, fu uno sforzo economico e di progettazione notevole. Però ho imparato molto, soprattutto che le buone idee spesso vengono premiate come infatti in questo caso è successo, ma che altrettanto frequentemente le aziende hanno poi timore di finanziare la produzione. Io sono un industrial designer per formazione e per me la replicabilità, l’usabilità, l’etica, la durabilità, la forma e la funzione sono alla base di un buon prodotto, bello e brutto che sia. Quindi a oggi mi sono deciso di cercare fondi su piattaforme di crowfounding per produrre da solo un progetto che rispetta l’ambiente, che è durevole, facile da spedire, robusto e per molti anche attraente.
Amo le sedie, ogni anno da quando sono diventato designer indipendente ho disegnato e prodotto o fatto produrre almeno una sedia. È proprio una passione radicata in me sin da piccolo e certi amori non si possono spiegare ma soltanto inseguire, e io lo faccio quotidianamente. Anche nel 2019 ho presentato due sedie al Salone del Mobile.
Credo che oggi l’industria come la sognavo da studente di design non esista più, o meglio, per poter avere margini superiori le aziende si sono spostate sul contract e lì spesso si torna al fatto a mano perché la tiratura dei pezzi o il progetto sono talmente particolari che il passaggio è obbligato e qui devo dire che sviluppare i miei prodotti mi ha molto aiutato, infatti sovente faccio da tramite fra il cliente industria e l’artigiano che risolve i problemi.
Mi ritengo soddisfatto del percorso anche se non saprei definire il punto esatto in cui mi ritrovo. Forse, da un certo punto di vista, è il punto migliore perché sento di voler tanto sperimentare, migliorare e lavorare. Forse, da un altro, è il punto peggiore perché è ancora difficile entrare in certi sentieri molto battuti… e quindi percepisco una forte saturazione che spesso mi fa domandare se tutto questo potrà durare o è già il momento di guardare al futuro con una prospettiva nuova.
Il futuro è talmente vicino che ormai dobbiamo pensare che non c’è più tempo di rimandare un miglioramento o il classico upgrade che verrà fatto più avanti. Oggi non si può dimenticare per strada valori etici e per l’ambiente come spesso succedeva in passato. Perciò la pacifica convivenza credo che passerà anche attraverso una nuova tradizione di progettare e fare le cose.

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