Le stanze oniriche di David Lynch al Salone del Mobile.Milano 2024
Abbiamo intervistato Antonio Monda, curatore dell’installazione “Interiors by David Lynch. A Thinking Room”: uno degli eventi più attesi dell’edizione in programma dal 16 al 21 aprile
“Interiors by David Lynch. A Thinking Room” è il titolo dell’installazione firmata dal celebre regista dell’inconscio David Lynch per l’edizione di aprile del Salone del Mobile.Milano. Presso i padiglioni 5 e 7, due identiche e speculari “stanze del pensiero” sono immaginate come porte simboliche da attraversare per immergersi nella Manifestazione.
Lombardini22, gruppo leader nello scenario italiano dell’architettura e dell’ingegneria, ha progettato il masterplan del posizionamento e l’impianto architettonico del perimetro curvilineo, che conduce all’opera di David Lynch. Il progetto ha visto inoltre la collaborazione del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, che ha ne ha curato il progetto esecutivo e allestimento. A completare l'intervento sono gli scatti d’autore di Alessandro Saletta e Melania Dalle Grave, DSL Studio, che raccontano il processo di creazione delle Thinking Room. Sponsor tecnico: Targetti.
Per conoscere in anteprima tutti i dettagli e i dietro le quinte abbiamo raggiunto il curatore, Antonio Monda.
Si tratterà di due stanze chiamate “Thinking Rooms”. Stanze gemelle per il pensiero, non necessariamente per la meditazione, ma anche, volendo. Intorno ho costruito un percorso preparatorio fatto da circa una dozzina di schermi grandi 56 pollici in cui ci saranno sequenze di suoi film che fanno vedere come lui usa le scenografie e i mobili. E le due stanze, ripeto, gemelle quindi di fatto identiche sono avvolte in una specie di sipario in velluto blu che richiama il suo famoso film. Nella parte centrale c’è una sedia che chiamare sedia è un po’ limitativo perché è un’enorme poltrona in legno sopra la quale ci sono dei tubi di ottone.
Sarà una sorpresa.
Sono stato contattato dal Salone del Mobile.Milano. Mi hanno chiesto se, secondo me, c'era un regista che potesse essere interessato a disegnare una stanza per loro. Mi sono ricordato che, quando dirigevo la Festa del Cinema, sono andato a trovare Lynch per il premio alla carriera e l'ho trovato nel suo laboratorio che piallava un mobile. Quindi mi ha anche molto incuriosito. Ho scoperto che lui ha questa attività che è molto più che un hobby, è una cosa in cui crede, che gli piace molto. L'ho chiamato e lui si è mostrato molto interessato, appassionato. Ha fatto dei disegni che man mano sono diventati sempre più precisi. In questo momento abbiamo dei rendering e abbiamo davanti due mesi di costruzione ma così è nato. Ovviamente il tutto è avvenuto con una serie di lunghi incontri zoom con il Piccolo Teatro che curerà la costruzione e la realizzazione.
Lui mi ha detto “vieni, ti mostro cosa faccio” e io credevo che mi indicasse un film, una scena, no? Invece l’ho trovato che piallava.
È proprio una cosa in cui lui crede perché fa parte del suo disegno espressivo, di quello che cerca. Ho cercato di raccontarlo in quel pezzo di Repubblica che è un estratto di un saggio che sarà più lungo e uscirà per il Salone. La scenografia e quindi anche i mobili in Lynch hanno una vita: non sono solo un fondo, un oggetto. Hanno una personalità.
Assolutamente. È una parte fondamentale del suo modo di esprimersi. Così come spesso non bisogna cercare di dare una risposta troppo razionale a quello che vediamo perché lui segue il flusso delle emozioni, segue il flusso poetico di quello che intuisce sulle persone e le cose, all’interno di questo percorso ciò che è inanimato ha la stessa importanza di ciò che è animato. Poi ha queste puntigliosità: l'ho visto appunto piallare, limare, misurare. Questo a Los Angeles. Per l’installazione lui ha affidato tutto ai bravissimi scenografi e costruttori, realizzatori del Piccolo Teatro.
No, li ha solo disegnati. Sono disegni molto belli, molto immaginifici. Sto cercando di ottenerli per metterli in questo percorso propedeutico alle stanze.
Il termine “non processato” mi sembra giusto. Cioè, sono intuizioni. Lui è un artista, è un poeta: non lavora in prosa ma in versi, intuisce delle cose come fanno i poeti, i veri artisti, molto più profondamente di quanto noi invece elaboriamo, processiamo. E, infatti, quando gli fai una domanda come “che significa quella cosa?” quasi si infastidisce. “Non la so, quella cosa lì”. Sarebbe per me difficile, impossibile spiegare perché quel legno, perché quei tubi di ottone. Però poi capisci che è proprio una cosa che potrebbe essere e anzi è un'immagine strana che potrebbe far parte di un suo film.
È un posto che mette il visitatore, lo spettatore in una dimensione completamente sua, completamente altra. Cioè, entri in un altro posto. È come entrare in “Strade perdute”. C'è un momento in cui il protagonista, Bill Pullman, entra in un buio impossibile, assurdo, assoluto. Ecco, entri un posto così. Ma non esiste un buio così totale, ecco.
Su questo non ho una risposta. So che Lynch l’ha disegnato, l’ha voluto disegnare a prescindere. Non perché non sia interessato o perché sia snob. Lui l'ha fatto come una cosa sua completamente a sé stante. Ma vedrete che ognuna delle altre stanze, ognuna delle altre installazioni, ognuna delle altre proposte dialogherà assolutamente con questo posto. È un luogo dove uno si raccoglie a pensare nella stessa misura in cui il pensiero, la meditazione sono il dialogo con tutti gli elementi e le esperienze umane.
Sì, assolutamente, anche se, ripeto, in una riunione che abbiamo fatto ho detto “Allora sono anche stanze della meditazione” e lui ha risposto “Anche. Sono per il pensiero. Thinking non Meditation”. Ci ha tenuto a differenziare le due cose. Il 15 e 16 aprile saranno le due giornate clou. Posso dire che lui è entusiasta del lavoro che hanno fatto quelli del Piccolo Teatro i Milano. Glielo dice sempre in ogni riunione. E ha sposato completamente questa avventura, ci si è tuffato.