Il Salone del Mobile.Milano nella carriera di architetti e designer

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Da sinistra, Michele De Lucchi, architetto e fondatore di AMDL CIRCLE; Adam D. Tihany, architetto e designer; Stephen Burks, designer - Ph. Davide Colombino

Prosegue il confronto con alcuni dei più importanti protagonisti del mondo del progetto: l’italiano Michele De Lucchi, l’americano Stephen Burks e Adam D. Tihany, architetto e designer israeliano formatosi in Italia

Dopo Luca Nichetto, Barber&Osgerby, Patrick Jouin e Felicia Arvid, continua il round-up con alcuni tra i più prestigiosi architetti e designer internazionali per inquadrare il ruolo cardine del Salone del Mobile.Milano nello sviluppo del percorso di carriera dei professionisti. Il Salone rappresenta infatti un elemento centrale per l’evoluzione di tutto il settore e per le aziende che ne fanno parte: grazie alla rete di relazioni costruita in occasione della Manifestazione, i brand sono in grado di costruire una dimensione internazionale. Il Salone è anche un prezioso alleato per tutti i professionisti che gravitano all’interno di questa industry: rappresenta un importante momento di scambio, riflessione, confronto, relazione. Ne abbiamo parlato con Michele De Lucchi, architetto e fondatore di AMDL CIRCLE; Adam D. Tihany, architetto e designer israeliano formatosi in Italia; Stephen Burks, industrial designer americano. 

Michele De Lucchi: “Il Salone del Mobile è molto più di un’esposizione commerciale, è un palcoscenico dove si discute e si riflette sulla modernità e sul futuro” 

"Come anticipatore di tendenze, il Salone presenta progetti che tracciano la rotta per il design del domani, e genera sollecitazioni intellettuali continue, che in questo mondo in continua trasformazione ci portano a coltivare un’idea di noi stessi proiettati verso il futuro", spiega Michele De Lucchi, tra i protagonisti della tappa newyorkese di Road to Salone 2024 presso l’iconico AKA Nomad Hotel. L’architetto e fondatore di AMDL CIRCLE riporta alla memoria la storia di un progetto che ha fatto la storia del design e dell'illuminazione da tavolo. "Ricordo quando Ernesto Gismondi, la sera dell’inaugurazione di Euroluce nel 1987, mi ha chiamato entusiasta per il successo della Tolomeo: 10.000 pezzi prenotati in un giorno con la presentazione del solo prototipo. È lì che ho compreso che il Salone del Mobile non è solo una vetrina di prodotti, ma è l’occasione per proporre nuovi concetti e capire se si è riusciti a interpretare lo spirito del tempo". 

Adam D. Tihany: “Buon design significa valore aggiunto. Ma aggiungere valore senza significato è cattivo design”

L’architetto e designer Adam D. Tihany, intervenuto durante la tappa di Dallas di Road to Salone 2024 ospitata presso il The Joule Hotel, racconta il suo legame con l’Italia e in particolare la fase di formazione alla fine degli anni Sessanta a Milano: “Quando ero al secondo anno di architettura al Politecnico lavoravo come assistente presso lo studio di design che si trovava di fianco agli uffici del Salone del Mobile. È così che ho incontrato Manlio Armellini, di cui sono diventato amico negli anni a seguire. Lo studio aveva progettato molti stand del Salone, e mi diede l’occasione di lavorare a diversi di essi. Formati quei primi legami, da allora visito il Salone religiosamente ogni anno. Ho fondato il mio studio a New York nel 1978, senza mai interrompere la connessione con il mondo del design italiano. Anche oggi la maggior parte dei nostri progetti si nutre di una forte collaborazione con produttori italiani, e consideriamo il nostro “pellegrinaggio” annuale al Salone un must assoluto”. Tihany ricorda un momento chiave legate alla Manifestazione: “Nel 2001 mi chiesero di curare e progettare la prima mostra mai dedicata dalla fiera all’Hospitality Design. Il progetto, chiamato “Grand Hotel Salone”, si estendeva su 4.000 metri quadri. Al centro c’erano 10 camere d’albergo identiche, progettate da altrettanti architetti di fama internazionale e realizzate da 10 rinomati produttori italiani. Zaha Hadid, Richard Meier, Arata Isozaki, Jean Nouvel e Vico Magistretti erano trai i nomi coinvolti, per citarne solo alcuni. Con il suo mix unico di design, architettura ed esperienza, “Grand Hotel Salone” fu un successo enorme, seguito nove anni dopo dalla mostra “Dining by Design”, che questa volta invitò 10 delle migliori scuole di design a livello internazionale a creare ristoranti immaginari dove gli studenti potessero recitare la parte di gestori, camerieri e baristi. L’attrazione principale dell’evento, in questo caso, era il ristorante da 120 coperti che funzionava davvero, re-inventato ogni due giorni da uno stilista importante (Moschino, Missoni e Paul Smith) e da uno chef di fama internazionale”. Un legame, quello con il Salone, che prosegue e si rafforza negli anni: "Ovviamente la mia storia d’amore con il Salone continua ancora oggi. È ormai ampiamente riconosciuto il suo contributo all’identificazione di Milano come Capitale del Design, e vederlo crescere con sempre maggiore influenza e rilevanza per la community del design è una fonte di ispirazione per tutti noi”. 

Stephen Burks: "Come designer americano che lavora a livello internazionale, esporre al Salone del Mobile è stato fondamentale per il mio successo"

L’industrial designer statunitense Stephen Burks, intervenuto insieme a Michele De Lucchi a New York in occasione di Road to Salone 2024, si concentra sull’unicità e sulla preminenza della Manifestazione nello scenario internazionale: "Alla Stephen Burks Man Made portiamo il nostro contributo a questa industria, e il Salone del Mobile è la migliore piattaforma al mondo per farlo. Prima ancora degli Stati Uniti devo il mio successo all’Europa, soprattutto grazie alle collaborazioni con alcuni dei marchi di design più importanti del mondo in occasione del Salone".  Burks sottolinea il suo profondo legame con la Manifestazione: "All'inizio del nuovo millennio, l'Italia e il Salone del Mobile mi hanno permesso di iniziare a lavorare nel campo del design. Storicamente parlando, i designer che ho sempre ammirato e a cui il mio studio si ispira hanno un vissuto all’interno del Salone”.