Le Piazze Aperte stanno davvero cambiando il volto di Milano

veduta dall'alto di Piazze sonore, via Corridoni

Piazze Sonore, Piazza Alba dell'Acqua - Ph. Andrea Croci x studio Ro.K

Dal 2018 a oggi, le due amministrazioni Sala hanno chiuso al traffico – ma aperto alle persone – più di cinquanta strade e vie della città. Ed è solo l’inizio

Tra il 2018 e il 2019, quando sono cominciati i lavori delle prime “Piazze Aperte” del Comune di Milano (tra via Spoleto e via Venini, nel quartiere NoLo; piazza Dergano; Porta Genova; piazza Angilberto II), c’era ancora bisogno di spiegare il significato di urbanistica tattica, che punta a una riconversione democratica e a basso costo dello spazio di una città. Ora non si può dire che la transizione culturale sia definitivamente avvenuta, ma l’immaginario collettivo sta iniziando a digerire la presenza di murales sull’asfalto, piante in vaso, tavoli da ping pong all’aperto e rastrelliere nelle aree dove, una volta, c’erano le automobili.

Il merito è di un’iniziativa che, coinvolgendo cittadini, associazioni e aziende private, sta concretamente trasformando il volto del capoluogo lombardo. Promosso dal Comune di Milano e sviluppato con AMAT (Agenzia Mobilità Ambiente e Territorio) in collaborazione con Bloomberg Associates e Global Designing Cities Initiative, il progetto “Piazze Aperte” ha due declinazioni principali: il bando “Piazze Aperte in ogni quartiere” e il bando “Piazze Aperte per ogni scuola”.

I risultati sono già tangibili. Nel giro di sei anni abbondanti, le due amministrazioni del sindaco Beppe Sala hanno restituito alla cittadinanza in carne e ossa – togliendo inevitabilmente spazio alle auto – più di 56mila metri quadrati di spazio che oggi si può davvero definire pubblico.

Significa, stando ai dati comunali, 54 piazze o vie pedonalizzate (presto verrà raggiunta e superata quota 60), 430 panchine, 650 stalli per parcheggiare le bici, 55 tavoli da picnic, 43 tavoli da ping pong e 460 tra piante in vaso, fioriere e cassoni per gli orti rialzati.

In alcune aree (come via Giacosa-via Rovereto, piazzale Lavater, piazza Dergano e piazza Belloveso) il Comune ha poi deciso di portare avanti una "sistemazione definitiva", andando oltre l’urbanistica tattica temporanea. Di recente, durante il Forum Partecipazione del 16-18 maggio, è stata annunciata un’ulteriore proroga di questo progetto apprezzatissimo, che sta incontrando un numero di richieste superiore alle capacità realizzative oggettive del Comune.

Veduta dall'alto della strada scolastica in via Enrico De Nicola, quartiere Barona progetto Piazze Aperte

Veduta dall'alto della strada scolastica in via Enrico De Nicola, quartiere Barona progetto Piazze Aperte

Veduta del progetto Piazze aperte, in piazza Spoleto a Milano

Veduta del progetto Piazze Aperte, in piazza Spoleto a Milano

pennelli utilizzati per la decorazione del progetto Piazze Aperte, in piazza Spoleto a Milano

Piazze Aperte

persone che usano i pennelli per la decorazione del progetto Piazze aperte, in piazza Spoleto a Milano

Piazze Aperte

Piazze Aperte

Piazze Aperte

Veduta dall'alto via Savona, progetto Piazze Aperte

Veduta dall'alto via Savona, progetto Piazze Aperte

Veduta di Piazze Sonore, in Via Savaré Ph: Studio Ro

Veduta di Piazze Sonore, in Via Savaré Ph: Studio Ro

"L’intervento di NoLo ha aperto la strada alla pedonalizzazione delle strade davanti alle scuole. Prima c’era un parcheggio abusivo davanti all’istituto, con una sorta di barriera che impediva alle bambine e ai bambini di andare per strada. Quella barriera è stata eliminata, perché vogliamo che le persone si godano gli spazi in libertà», racconta Marco Mazzei, consigliere comunale della Lista Sala e presidente della Commissione Mobilità attiva e Accessibilità.

“Piazze Aperte” è un nome potente dal punto di vista comunicativo, perché uno spazio pedonale è aperto alle persone e chiuso ai veicoli a motore. Il progetto ha l’obiettivo di trasformare anche delle semplici vie in vere e proprie piazze esclusivamente accessibili a piedi e in bici, un po’ come accadeva prima del boom della motorizzazione di massa degli anni Cinquanta e Sessanta. È un ritorno al passato che guarda al futuro che molte metropoli europee, asiatiche e americane hanno abbracciato ben prima di una Milano arrancante sui temi della sicurezza stradale. Eliminare dei parcheggi (anche se irregolari) e scalfire il dominio dell’auto, però, non è mai scontato nel Paese più motorizzato dell’Unione europea.

Va poi specificato che i benefici di “Piazze Aperte” non si limitano alle zone d’intervento. Una pedonalizzazione che può apparire isolata, infatti, può dare all’amministrazione l’opportunità di cambiare l’anima di interi quartieri. Questi spazi semplificano la realizzazione di piste ciclabili, bike lane e Zone 30 nelle strade circostanti. Progetti come “Piazze Aperte” innescano un cambio di mentalità (e di mobilità) attraverso esempi da toccare con mano, perché per migliorare una città bisogna avere il coraggio di essere impopolari e di superare le polemiche dovute, ad esempio, alle modifiche della viabilità.

"“Piazze Aperte” è un progetto destabilizzante, che si inserisce all’interno di contesti abituati a certi tipi di colori, di assetti e di modelli di gestione dello spazio. Colori accesi, tavoli da ping pong e linee sull’asfalto sono elementi di rottura in una città in cui tutti sono sempre in giro a fare qualcosa. È uno shock culturale che si porta dietro una capacità trasformativa. Ma, una volta assorbito lo shock, questa dimensione inizia a diventare parte integrante della vita di una città", prosegue Mazzei, che insiste sulla necessità di creare spazi in cui stare, e non transitare.

È un concetto semplice ma, sotto certi versi, rivoluzionario rispetto al modo in cui siamo stati abituati a vivere gli spazi urbani, spesso considerati angusti, grigi e inospitali, come se fossero degli sfondi di passaggio nel nostro tragitto da un punto A a un punto B. L’urbanistica tattica segue quindi il mantra del viaggio più importante della meta. Si tratta di un nuovo approccio con benefici non solo sociali, ma anche ambientali e di sicurezza dei più vulnerabili.

E così, anche grazie a “Piazze Aperte”, Milano è diventata la seconda città europea – dopo Londra e prima di Parigi – per diffusione delle strade scolastiche, presenti in prossimità del 25,9 per cento degli istituti primari del capoluogo. A certificarlo è il nuovo report di Clean Cities sulle città in cui la mobilità è più a misura di bambine e bambini. Il 23esimo posto di Milano nella classifica generale è dato dal basso punteggio ottenuto negli indicatori delle piste ciclabili e delle strade con il limite di velocità a 30 chilometri orari, segno che il lavoro da fare per raggiungere le eccellenze continentali è ancora tanto.

Un altro tema che sta nascendo con “Piazze Aperte”, conclude il consigliere Marco Mazzei, riguarda l’uso degli spazi pubblici a seconda delle ore: "In pieno giorno ci sono soprattutto i bambini con i genitori, mentre di sera è più probabile vedere adulti che si siedono, chiacchierano e bevono una birra. Sono situazioni che possono avere un impatto sui quartieri, oltre a creare qualche perplessità tra i residenti. È uno dei punti di equilibrio tra le esigenze di chi va a dormire presto e chi si vuole divertire. Stanno nascendo spazi sorprendenti, che le persone hanno molta voglia di usare. All’aumentare della loro diffusione, però, i cittadini disperderanno di più". 

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26 giugno 2025
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