Dalla geopolitica urbana alla biopolitica dei corpi, la 24ª Triennale – inaugurata, tra gli altri, dal Premio Nobel per l'economia Michael Spence e aperta al pubblico fino al 9 novembre – denuncia le disuguaglianze strutturali che segnano le vite contemporanee, offrendo spunti di riflessione e soluzioni attraverso il contributo di artisti, architetti, designer e studiosi di fama internazionale
Il Padiglione Italia a Expo 2025 Osaka: parola all’architetto Mario Cucinella

Padiglione Italia, Expo 2025 Osaka - Ph. Yumeng Zhu
Il racconto del Padiglione Italia dell’Esposizione Universale, fino al 13 ottobre 2025 vedrà i progetti di 160 Paesi sotto il tema “Progettare la Società del Futuro per le Nostre Vite”
Sono trascorsi esattamente dieci anni dall’inizio di Expo Milano 2015, una manifestazione importante non solo per il Paese Italia, ma anche per la città di Milano che da allora ha avviato una trasformazione endemica che l’ha resa sempre più attraente agli occhi del mondo e che ha contribuito a ridisegnarne fortemente il futuro.
Di questo, di futuro e di città, si parla a Expo Osaka 2025, dal titolo “Progettare la Società del Futuro per le Nostre Vite” dove il Padiglione Italia è stato progettato e costruito da MCA - Mario Cucinella Architects.
Si tratta di una kermesse glamour e complicata in cui si vedrà un pò di tutto per questo mi sembrava interessante proporre come progetto per il Padiglione elementi che caratterizzano il nostro Paese come la riconoscibilità, l’identità.
In particolare sono partito da quattro elementi:
- un grande portico di ingresso, per dire che non c’è un porta per entrare ma il Padiglione è aperto a tutti
- un grande teatro, altro elemento storico della cultura del nostro Paese riconosciuto in tutto il mondo
- una piazza, tema dell’intelletto, dell’arte, della conoscenza, del sapere
- Infine un giardino, che rappresenta la nostra cultura del paesaggio
Questi sono i quattro temi che ho trasformato in un edificio, con l’obiettivo di rendere riconoscibile l’Italia e l’esperienza dei visitatori unica.
Certo innanzitutto perchè ci sono dei vincoli diversi dal fare edifici che devono durare anni.
Per me la temporaneità è molto legata al tema della sostenibilità, nel senso che ho progettato un edificio che non volevo si trasformasse in un rifiuto. La struttura è infatti in legno modulare, le tecnologie a basso impatto e la predisposizione al riuso post-Expo ne fanno un esempio concreto di architettura reversibile, che mette al centro l’interazione tra uomo, natura e tecnologia.
Alla fine si smonterà pezzo per pezzo per poi tornare nel mondo dell’edilizia. Mi sembrava fosse la risposta migliore da dare ad un edificio effimero.
È una bella domanda. Le città del futuro non so se ci saranno, di certo non saranno da noi.
Noi le città nuove non le costruiremo più, le abbiamo già fatte. Potremmo però parlare di città per il futuro, concentrandoci su temi quali l’attenzione alle persone, lo spazio pubblico, il cambiamento climatico.
Il nostro tempo è quello che dobbiamo dedicare per preparare queste città per il futuro.
È un argomento per me molto importante. Da un lato non dobbiamo rimuovere la storia passata: quando è stato fatto, con un estenuante lavoro di rottura, ha poi prodotto di fatto anche cose molto brutte.
L’equilibrio della cultura italiana è anche quello di portare all’attenzione al futuro ma sempre con una radice molto potente.
Per me è sempre stato un pò un legame che non ho visto come una prigione, come un limite, ma come un compagno di viaggio.
La storia va portata avanti legandoci al passato senza timore, senza essere troppo autoreferenziali.