Il boom del contract furniture in India: nuove opportunità e grandi ritorni

Arredo living Lema

Lema

Tra branded residences, hotel di lusso e spazi commerciali, un’occasione strategica per le aziende italiane del settore furniture, tra ospitalità, residenziale di alto profilo e uffici di nuova generazione

Le aspettative sono alte, degne della nazione più popolosa al mondo che punta a diventare, entro il 2028, la terza economia mondiale in termini di tassi di cambio di mercato, superando la Germania.
I riflessi di questa corsa si possono vedere in numerosi ambiti e settori, dalla tecnologia all’industria dei servizi, passando per le numerose opportunità nel mondo del residenziale e del contract. Non a caso Paese, sono già presenti numerosi brand come Minotti, Poliform, Porro, Visonnaire, Turri, Edra, Gervasoni e Lema. A fare da traino, una crescita economica robusta, da un’espansione senza precedenti della classe benestante e una nuova cultura del vivere urbana e del lusso che sta favorendo opportunità interessanti sia in grandi metropoli, sia in nuovi poli.

Residenze di lusso

A dare il quadro generale della situazione ci pensa l’ultimo Wealth Report 2025 di Knight Frank, che prevede un aumento del 9,4% del numero di High-Net-Worth Individuals (HNWIs), ovvero individui con un patrimonio superiore ai 10 milioni di dollari statunitensi, in India. La popolazione di HNWI, stimata in 85.698 persone nel 2024, dovrebbe salire a 93.753 entro il 2028, riflettendo l’ampliarsi del panorama della ricchezza del gigante asiatico.

Questo incremento, sottolineano da Knight Frank, evidenzia la forte crescita economica di lungo periodo del Paese, le crescenti opportunità di investimento e l’evoluzione del mercato del lusso, posizionando l’India come un attore chiave nella creazione di ricchezza a livello globale. Nel 2024, il numero di HNWI indiani è aumentato del 6% su base annua e oggi il Paese ospita il 3,7% della popolazione mondiale di individui facoltosi, collocandosi al quarto posto dopo gli Stati Uniti, la Cina e il Giappone. La ricchezza complessiva dei miliardari indiani è stimata in 950 miliardi di dollari, posizionando il Paese al terzo posto a livello globale, dietro a Stati Uniti (5,7 trilioni di dollari) e Cina (1,34 trilioni di dollari). Tra le pieghe di questi numeri, spiega Gulam Zia, senior executive director at property consultant Knight Frank India, c’è un contesto specifico che può aiutare a capire perché oggi non sia solo questa ambia ricchezza a trainare il momento felice di hotel, branded residency e real estate di fascia alta: “In India, circa quindici anni fa, abbiamo avuto un’ondata di appartamenti di super lusso, durata qualche anno, e poi crollata. L’eccesso di offerta di immobili di fascia altissima fece cadere il mercato, e per quasi un decennio – direi dieci o dodici anni – non c’è stato più alcun interesse per il segmento del lusso”. Una premessa necessaria per parlare di Branded Residencies, fenomeno che si è affacciato nuovamente nel Paese con recenti lanci come le Four Seasons Private Residences a Bangalore o le Westin Residences di Gurugram, alle porte della capitale Delhi. Secondo il report Knight Frank India, l'India si è classificata al sesto posto a livello mondiale per progetti attivi, contribuendo per il 4% all'offerta globale di branded residencies, soprattutto a Mumbai, Delhi, Bangalore e Pune.

Le branded residencies

“Se torniamo indietro di 15-18 anni, quando gli appartamenti e i condomini super luxury arrivarono sul mercato, doveva esserci una motivazione forte per spingere gli acquirenti a comprare queste abitazioni, e pagare cifre altissime. Per rendere queste offerte più allettanti, per farle sembrare più desiderabili, furono introdotti i marchi” ricostruisce Zia. “A quel tempo, i costruttori indiani non avevano un vero motivo o un punto di forza per convincere gli stessi clienti a cui si rivolgevano da anni a spendere due, quattro o dieci volte tanto in nome del lusso. Così, per sostenere la narrazione, introdussero il concetto di “branded residence”, legate a brand del mondo del lusso, della moda, o associati ad un concetto di prestigio”. Ma, all’epoca, oltre al marchio non avevano molto da offrire, sottolinea l’esperto, e questo portò al mancato successo dell’esperimento.

“Parallelamente nacque un altro tipo di “branded residence”: quelle legate all’ospitalità – come le Carlton Residences, le Four Seasons Residences, e così via. Una branded residency legata ad esempio ad un brand di alta moda, proponeva un prodotto esteticamente accattivante, ma tutto finiva lì. Il modello “appartamenti firmati” è stato rapidamente abbandonato, perché gli acquirenti non vogliono soluzioni “in serie”, anche se firmate”, continua Zia. Il modello delle branded residencies alberghiere, continua Zia, ha avuto successo perché offriva un servizio: “Quando si parla di lusso estremo, in India il servizio è più importante del prodotto. Chi compra questi immobili non cerca solo estetica, ma agi duraturi. Oggi continuano ad esistere due categorie di “branded residences”: quella dei marchi di moda – in crisi– e quella dei marchi di ospitalità, che invece cresce”. Con uno sviluppo ulteriore, quello dei costruttori come DLF, Lodha, Prestige, Oberoi oggi stessi diventati marchi forti e autorevoli loro stessi. “Sono loro che scelgono di associarsi a marchi dell’ospitalità per garantire agli acquirenti una vita “di coccole” nel lungo periodo”.

Il boom del settore alberghiero

C’è poi un altro tema da porre. I viaggiatori domestici rappresentano ormai quasi la metà della clientela degli hotel di lusso, una quota cresciuta in modo sostanziale rispetto ai livelli pre-Covid. Per decenni, il mercato degli hotel di lusso in India è stato dominato da antichi palazzi riconvertiti e da una manciata di strutture urbane d’eccellenza. I gruppi Taj, Oberoi Hotels & Resorts, ITC Hotels e The Leela Palaces, Hotels and Resorts su queste basi hanno costruito un portafoglio iconico, capace di attrarre sia i turisti stranieri sia l’élite indiana — il gruppo Taj, ad esempio, ha registrato una crescita straordinaria, passando da 33 hotel nel 2017 agli attuali 137. Ben presto sono arrivati anche i marchi internazionali come Marriott, Accor, Hilton e Hyatt. A giugno, l’India contava 35 mila camere di hotel di lusso appartenenti a brand famosi, distribuite in oltre 200 strutture. Secondo la società di consulenza HVS ANAROCK, entro il 2030 il Paese dovrebbe aggiungere oltre 20 mila nuove camere. Marriott International, ad esempio, prevede l’apertura di 33 nuovi hotel di lusso sotto i marchi JW Marriott, Ritz-Carlton, St. Regis, W e Luxury Collection, più che raddoppiando così la propria presenza. Anche i gruppi indiani sono altrettanto ambiziosi, con centinaia di nuovi progetti in programma entro il 2030. La gerarchia delle città interessate da questo boom residenziale e alberghiero, secondo Zia, è piuttosto chiara: Mumbai è al primo posto, seguita da Delhi e Bangalore. Poi arrivano Hyderabad, Pune, Chennai, che stanno recuperando terreno. Ma c’è una località in fortissima ascesa, fuori da questo gruppo: Goa. “Goa è una destinazione turistica globale, con una bellezza e un’estetica uniche. Assisteremo lì alla prossima ondata di lusso e presto potrebbe diventare una sorta di Monaco dell’India”.

Uffici e centri data

C’è poi il tema legato agli spazi di lavoro. Ne è un esempio significativo l’investimento da record, di 15 miliardi di dollari in cinque anni, annunciato da Google per la realizzazione di un data center dedicato all’intelligenza artificiale nello stato dell’Andhra Pradesh. Parallelamente, i Global Capability Centers (GCC) stanno ridefinendo il panorama degli uffici in India: si stima che, entro quest’anno, occuperanno tra il 40 e il 45 per cento dello spazio totale destinato a uffici nel Paese, con 2 milioni di professionisti impiegati entro il 2026. Nonostante i dazi e le misure tariffarie, numerose multinazionali americane continuano a creare campus offshore e la concentrazione è particolarmente alta nella Silicon Valley India, Bangalore, dove camminando per un chilometro si possono incontrare Google, Qualcomm, Nvidia, Visa, Samsung e Amazon. In tutto il Paese, scriveva recentemente il New York Times, gli uffici di proprietà estera rappresentano ormai il principale motore del mercato immobiliare commerciale. Si stima che 50 nuovi centri siano stati aperti solo nell’ultimo anno, e che altri 100 verranno inaugurati nel corso del 2025. Il prossimo focus, secondo la stampa specializzata, riguarderà le città di dimensione minore, definite Tier 2 o Tier 3 — centri come Chandigarh, Jaipur, Ahmedabad, Indore, Bhubaneswar, Vizag, Coimbatore e Kochi, che già oggi ospitano oggi un bacino di talenti tecnologici compreso tra 490mila e 540mila professionisti.
Talenti da coccolare con ambienti e uffici degni del loro genio.

10 novembre 2025
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