Gli imbottiti di Vico Magistretti, elogio della flessibilità
Il suo raggio d’azione spaziava dal cucchiaio alla città, ma è nell’ambito domestico che il grande architetto e designer milanese ha avuto la maggior parte delle sue leggendarie intuizioni. Tra queste, c’è l’idea di accompagnare l’evoluzione degli stili di vita proponendo poltrone e divani che possono assumere forme diverse e assolvere a più funzioni con un semplice tocco o movimento
Aggiornato al 13 settembre 2023. Flessibili, versatili, trasformabili (spesso grazie a un meccanismo nascosto) per rispondere alle mutevoli esigenze della vita quotidiana, rigorosi dal punto di vista estetico ma al tempo stesso dotati di un quid di ironia: sono gli imbottiti disegnati da Vico Magistretti (Milano, 1920 - Milano, 2006) nella seconda parte della sua lunga e fortunata carriera. Alla fine degli anni Settanta, dopo aver progettato il divano Maralunga per Cassina, che sarà premiato con il Compasso d’Oro ADI e diventerà un long seller, il grande architetto e designer prende spunto da una necessità personale – quella di arredare un piccolo appartamento a Londra, una sorta di pied à terre che utilizzava per i suoi soggiorni legati ai corsi che teneva al Royal College of Art – per ideare una serie di arredi pieghevoli e facilmente trasportabili basati sulla combinazione di elementi di legno a sezione costante. È la collezione Broomstick, prodotta a partire dal 1979 dalla neonata azienda bergamasca Alias e composta da una sedia, un tavolo, una poltroncina, un attaccapanni e una libreria che incarnano forse meglio di qualunque altro progetto il senso di un aforisma molto amato da Magistretti e altrettanto spesso citato quando si parla del suo lavoro: “look at usual things, with unusual eyes”, guarda alle cose di tutti i giorni con occhi nuovi.
Il nome, suggerito a quanto pare dal designer americano George Nelson, fa riferimento al manico di scopa, l’oggetto del quotidiano, robusto e a buon mercato, con cui sono fatti i pezzi. La sua forma è alla base di tutta l’operazione, non priva di punti di contatto con alcune esperienze precedenti, dall’assemblaggio di objets trouvés proprio di alcuni progetti dei fratelli Castiglioni alla Proposta per un’autoprogettazione di Enzo Mari. La poltrona Regina d’Africa, per esempio, ha un nome altisonante che contrasta intenzionalmente con la sua semplicità di seduta in tela imbottita sostenuta da un cavalletto in legno e con la sua praticità di utilizzo.
Negli anni Novanta e Duemila, è un’altra azienda relativamente giovane – Campeggi, fondata negli anni Cinquanta ma impegnata in un dialogo con i designer dal 1979, quando Claudio Campeggi affianca alla produzione di divani letto una linea più sperimentale – a rappresentare l’approdo ideale per una serie di progetti di arredi modificabili in funzione delle esigenze e caratterizzati da un guizzo ludico. Il divano letto Ospite, del 1996, è leggero e poco ingombrante, pronto a diventare un giaciglio di emergenza in qualunque momento e a scomparire in uno spessore di soli 13 centimetri quando l’ospite riparte. Magellano (2004) trae ispirazione da un gesto che affascinava Magistretti e che era già stato più di vent’anni prima all’origine di Sindbad, quello di chi getta un tessuto su un divano o una poltrona per provarne l’effetto. In questo caso di tratta di un tappeto colorato, morbidamente disteso sulla struttura elementare di una seduta che può essere trasformata in divano, chaise longue o letto per gli ospiti. Oblò, lanciato nel 2005 in una combinazione di colori vitaminici in cui domina il “rosso Magistretti” ma disponibile da subito in molte altre nuances, è uno degli ultimi pezzi di arredo disegnati dal grande designer ed è un vero “transformer”. Il grande cuscino rotondo, ruotando su un perno, può fungere da schienale oppure da poggiatesta, trasformando il divano in chaise longue, letto singolo o matrimoniale. Nessuna configurazione è quella standard o corretta, mentre nessuna funzione prevale sulle altre.
Con la sua silhouette curvilinea che ricorda, invertendo rientranze e sporgenze, una pietra miliare del design scandinavo come la sedia in compensato curvato di Arne Jacobsen, la Maui disegnata per Kartell tra il 1995 e il 1996 inaugura una nuova era di sedute in monoscocca di materiale plastico pensate in modo da poter sostenere il peso di un essere umano senza ricorrere a elementi di nervatura o di rinforzo. Gli schizzi preparatori conservati nell’Archivio Vico Magistretti testimoniano di un percorso creativo “semplice”, con la forma che emerge in maniera naturale e intuitiva fin dalle prime fasi della progettazione, seguito però da un lungo processo di affinamento e verifica strutturale in fabbrica. La versione “morbida”, imbottita e rivestita in tessuto Kvadrat o Trevira, è stata presentata nel 2013 come un omaggio al Maestro scomparso pochi anni prima, nel settembre del 2006.
Scopri le anteprime