In attesa Compasso d’Oro 2025, è stata presentata la selezione ADI Design Index 2025 all’ADI Design Museum. I progetti selezionati, tra varie categorie e discipline, saranno esposti a Milano e, per la prima volta, ad Agrigento, Capitale Italiana della Cultura 2025.
Giò Forma: “Il design italiano unisce manifattura straordinaria e visione completa”

Salone del Mobile.Milano meets Riyadh, rendering installazione by Giò Forma - ©Studio Giò Forma
Lo studio per cui “tutto è un palco” vola in Arabia Saudita per progettare l’installazione “Red in progress. Salone del Mobile.Milano meets Riyadh”. Intervista a Florian Boje, co-fondatore dello studio
Progettare partizioni, in qualsiasi modo le si possa intendere, è qualcosa che Giò Forma sa fare come nessun altro. Il loro “la” comincia del resto nel campo della musica: i tre soci fondatori, Cristiana Picco, Florian Boje e Claudio Santucci, si incontrano negli anni Novanta dietro le quinte degli studi di MTV, e dal 1998 lavorano insieme trasformando i palchi di maxi-concerti e lirica, da Vasco Rossi alla Scala, in uno spettacolo di design ad alto tasso di coinvolgimento. Con gli anni, la loro attività comincia a vibrare anche con allestimenti museali, sfilate, e architettura, lasciando tracce memorabili quali l’Albero della Vita e il Padiglione Italiano all’Expo 2015.
In questi giorni, Giò Forma è impegnato in un nuovo progetto per il Salone del Mobile in Arabia Saudita: il lancio di “Red in progress. Salone del Mobile.Milano meets Riyadh”, prima avventura espositiva del Salone del Mobile in Arabia Saudita (dal 26 al 28 Novembre 2025), nonché vetrina di lancio e di confronto tanto per le aziende che per i temi cari alla nostra cultura del progetto. Per raccontare come si traghetta l’esperienza italiana in un nuovo continente, e in che modo il racconto della nostra specificità può essere ripensato per coinvolgere ed entusiasmare, abbiamo raggiunto Florian Boje al telefono a Riad.
Si, può essere un modo per descriverci. Generalmente utilizziamo l’espressione “Everything is a Stage” perché crediamo che ci rispecchi in maniera realmente specifica. Ovviamente il nostro modo di intendere il palco esula dal palcoscenico vero e proprio, e fa riferimento a tutte le superfici e le forme che offrono l’opportunità di rappresentare una narrativa – qualcosa, del resto, che ha molto a che vedere con le emozioni. Quando disegniamo un albergo, un masterplan, o interveniamo su un paesaggio, ogni momento di architettura è per noi un piccolo palco: non esiste un’applicazione che sfugga a questa nostra visione.
Red in Progress si svolge nel cuore del distretto finanziario di Riad e prende in prestito l’estetica del cantiere, con i suoi scaffolding e i tubi innocenti, per raccontare l’Italian design attraverso una mostra verticale. L'Arabia Saudita oggi è il cantiere di progetti ambiziosi. Non a caso un’espressione che qui si usa spesso è quella di “re-engineering humanity”, che altro non è se non il tentativo di re-ingegnerizzare il loro modo di vivere e stare nel contemporaneo. Con Red in Progress, gli spazi del cantiere si trasformeranno in palchi culturali animati da un folto calendario di eventi, mentre le aziende italiane, come un “fiume rosso” reso tangibile da un lungo nastro in stoffa, invaderanno la piazza inondandola con le proprie proposte d’arredo. Più che un’impalcatura, una ristrutturazione di facciata, la nostra vuole essere una prospettiva su un nuovo modo di vivere il futuro.
Lavoriamo qui da tempo, soprattutto nel campo degli edifici culturali o degli alberghi: tra i nostri progetti c’è anche l’edificio che ospita la prima biennale di arti islamiche a Jeddah (n.d.r., il Western Hajj Terminal all’aeroporto internazionale King Abdulaziz di Jeddah, sede della Islamic Arts Biennale), o il Maraya Concert Hall di AlUla. Si tratta di luoghi dotati di un carattere di vera eccezionalità: pensiamo ad AlUla, che fino a poco tempo fa non era visitabile, e che proprio per questo ci è piaciuto molto accompagnare in questo percorso di trasformazione. Come progettisti italiani siamo abituati a utilizzare la narrazione del luogo, senza proporre di rasare tutto a zero.

Studio Giò Forma, da sinistra: Florian Boje, Cristiana Picco e Claudio Santucci - Courtesy of Giò Forma
Credo che, nell’ingegnerizzare il lifestyle, l'Italian design non offra solo una straordinaria capacità manifatturiera, ma anche un device capace di offrire visioni complete che sono molto lontane da quelle di altri paesi. C’è l'amore per il dettaglio, la qualità di ogni componente, ma anche una visione su quello che il design è in grado di portare. L’Italia è l’unico paese dove, quando vai al ristorante, il cameriere ti offre il menù ma allo stesso tempo di suggerisce un piatto specifico, un consiglio che non ti puoi lasciare sfuggire: “ci penso io”, è la frase che ci sentiamo dire, e accettando sappiamo che facciamo bene. Per il design succede lo stesso: le aziende italiane di qualità, a qualsiasi livello, sono in grado non solo di consegnarti prodotti o soluzioni, ma anche di suggerire il materiale, la strategia, la finitura o la tecnica che meglio funzionerà in uno specifico progetto – e questo, ve lo dice un tedesco, lo sanno fare solo gli italiani.
La modalità con cui il design, e in particolar modo il design italiano, viene messo in scena è spesso vincolato da formati ben precisi, in primi quelli dettati dall’organizzazione del sistema fiera. Vedete delle opportunità per far evolvere questo linguaggio, per rinnovarne l’esperienza? A favore di una maggiore inclusione di pubblici e di una maggiore attrattività anche commerciale’?
Non sono un esperto di strategie commerciali, ma credo che un’opportunità risieda nella possibilità di raccontare l’arredo non solo a partire dai mobili di design, ma anche restituendo l’intero ambiente che li accoglie, la casa, e i momenti che possiamo viverci dentro. Credo che ci sia un grandissimo valore nel disegnare quello che chiamiamo stand, ma credo anche che questo format cambierà nome a lungo andare: me lo immagino come un piccolo experience center incentrato sul racconto. Del resto, credo che il nostro ruolo sia anche quello di educare alla grande qualità e all’intrinseca differenza del Made in Italy. Il design italiano ha tutto da guadagnare nell’approfondire la propria capacità di trasferire i suoi valori di alta qualità ad un pubblico più grande.