Alla Triennale di Sharjah l’architettura sostenibile viene dal Sud

Triennale di Sharjah, salonemilano, architettura

RUÍNA Architecture, Time Transitions, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial

La seconda mostra d’architettura dell’emirato invita a cambiare prospettiva, presentando voci e progetti per il futuro nati da una cultura di riuso, recupero, innovazione e collaborazione

È davvero possibile parlare di architettura sostenibile tra i grattacieli climatizzati e gli oleodotti degli Emirati Arabi Uniti? Secondo gli organizzatori della seconda Triennale d’architettura di Sharjah, intitolata "The Beauty Of Impermanence: An Architecture of Adaptability", è forse proprio questo uno dei luoghi in cui oggi ha più senso mostrare dei modelli di sviluppo diversi. Oltre che uno dei pochi in grado di offrire uno spazio di primo piano alle proposte concrete che arrivano dal Sud del mondo.  

La Triennale nasce da un’idea del figlio dell’emiro di Sharjah, Khalid Al Qasimi, che ha creato una piattaforma dedicata a valorizzare l’architettura e l’urbanismo in Asia, Medio Oriente e Africa e organizzato la prima mostra nel 2019. In seguito alla sua morte improvvisa, il testimone è stato ripreso da sua sorella gemella, la sceicca Hoor Al Qasimi. Già direttrice e presidentessa della Sharjah Art Foundation, con cui è riuscita in pochi anni a fare del piccolo emirato un polo artistico emergente sulla scena globale, Al Qasimi si è circondata da un valido team di collaboratori internazionali per fare di questa seconda edizione uno spazio di riflessione su un futuro più sostenibile, immaginato da chi vive e lavora quotidianamente in condizioni di scarsità economica, materiale o ambientale.  

La curatrice, l’architetta e designer nigeriana Tosin Oshinowo, ha selezionato 29 partecipanti provenienti da 25 paesi del cosiddetto Sud Globale, compresi Centro e Sud America: “Sin dall’inizio abbiamo lavorato con un’energia molto positiva e ottimistica e sono davvero fiera del risultato. Questa convergenza di idee, intorno al fatto che dobbiamo cambiare la nostra prospettiva, perché il modello attuale basato sull’abbondanza e la crescita infinita è un modello impossibile, ha prodotto una conversazione collettiva e dei lavori che spero influenzeranno l’approccio all’architettura. Sicuramente, il mio modo di progettare non sarà più quello di prima.”  
Oshinowo, che è una delle più affermate architette della Nigeria, è stata una studentessa di Lesley Lokko, la curatrice della Biennale di Venezia. Le due hanno preparato le mostre nello stesso periodo, condividendo del resto alcuni invitati, ma con due sensibilità diverse e complementari: più accademica a Venezia, più pragmatica a Sharjah. 

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Limbo Accra, SUPER LIMBO, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial

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Limbo Accra, SUPER LIMBO, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial

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Adrian Pepe, Utility of Being: A Paradox of Proximity, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennia

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Una Triennale diffusa 

Gli artisti, designer e architetti hanno presentato i loro progetti, spesso radicati nel contesto locale, in sei diverse location. Cinque di queste si trovano in città. La Al Qasimiyah School, una vecchia scuola abbandonata e sapientemente trasformata nel quartier generale della Triennale che ospita buona parte della mostra. Il magnifico vecchio mercato delle verdure Al Jubail, costruito nei primi anni Ottanta come un lungo porticato coperto, ricurvo e naturalmente ventilato. Il vecchio macello della città, occupato dal museo dell’antropocene curato dallo studio keniano Cave_bureau, con un intervento immersivo dell’artista tessile honduregno basato a Beirut Adrian Pepe. Lo spiazzo alberato incuneato in una zona industriale della città dove Papa Omotayo ed Eve Nnaji (Lagos) hanno innalzato We Rest at the Birds Nest: una piattaforma che integra 2300 nidi modellati da rifiuti vegetali trovati sul posto, offrendo un’oasi di ristoro sia agli uccelli migratori che ai lavoratori migranti che popolano la zona. Infine, lo Sharjah Mall, immenso centro commerciale incompiuto che lo studio di design territoriale Limbo Accra ha scelto per proseguire la sua riflessione sul potenziale degli spazi mai finiti in Africa Occidentale e negli altri paesi del Sud Globale.  

L’ultima location, forse la più suggestiva, si trova nel deserto, a un’ora di macchina dal centro. Il villaggio fantasma di Al Madam oggi è semisommerso dalla sabbia ed è il luogo in cui i locali vengono ad ammirare il tramonto o fare un picnic serale sulle dune. Negli anni ’70 era al centro di un progetto statale di sedentarizzazione delle popolazioni beduine che, non avendo preso in conto né i loro bisogni né le caratteristiche ambientali, è miseramente fallito. È qui che Sandi Hilal e Alessandro Petti (DAAR) hanno piantato la loro Concrete Tent. Un’installazione nata nei campi profughi palestinesi per simboleggiare il paradosso di una temporaneità permanente e che ha assunto un ulteriore significato durante l’inaugurazione della Triennale, in contemporanea all’intervento israeliano nella striscia di Gaza.  

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DAAR - Sandi Hilal and Alessandro Petti, Concrete Tent, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial.

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DAAR - Sandi Hilal and Alessandro Petti, Concrete Tent, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial.

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Wallmakers, 3-Minute Corridor, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial.

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Hive Earth, ETA’DAN, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial.

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Obiettivo zero rifiuti 

I progetti sono stati realizzati principalmente a partire da materiali naturali, riciclati e locali. Come l’avvolgente spirale dell’architetta saudita Sumaya Dabbagh, EARTH TO EARTH due muri incurvati fatti di mattoni di fango creano uno spazio centrale dove sostare, evocando il concetto di materialità circolare e lo stretto legame tra permanenza e impermanenza. Anche lo studio multidisciplinare ghanese Hive Earth ha usato un muro fatto di terra e residui organici recuperati in loco per modulare uno spazio conviviale. Scomponendo il blocco principale ha coniugato funzionalità ed estetica con un impatto ambientale minimo. Gli indiani di Wallmakers hanno invece lavorato con 1425 pneumatici recuperati nelle discariche dell’emirato, della sabbia del deserto e del fango per costruire un 3-Minutes Corridor. Un passaggio che oltre a creare un piacevole microclima invita a riflettere sulla nostra produzione di rifiuti. 1425 è infatti il numero di gomme buttate nel mondo ogni tre minuti.  
 
Molto interessanti anche il chiosco modulare mobile del designer nigeriano Nifemi Marcus-Bello, che ha modificato un progetto realizzato con tecniche e materiali diffusi nel vicino Benin per adattarlo a quelli tipici degli Emirati; il purificatore d’aria di stoffa e sale ricavato grazie a un dissalatore artigianale di Henry Golgau e Aleksander Kongshaug e il pergolato brise-soleil in legno e stuoie di palma degli ecuadoriani di Al Borde. Un Raw Threshold destinato a deteriorarsi naturalmente ma dal successo tale che la Sharjah Art Foundation sta valutando di prolungarne la durata, immaginando degli interventi artistici sulle parti della struttura che verranno intaccate dal tempo.  

 “Questa Triennale non aveva l’ambizione di essere a impatto zero”, spiega Tosin Oshinowo, consapevole che anche solo il trasporto dei partecipanti dai quattro angoli della terra e l’uso delle navette climatizzate che collegano regolarmente le location della mostra rendono l’impresa impossibile. “Abbiamo però lavorato moltissimo sulla scelta dei materiali usati per le installazioni, partendo dall’idea che tutto dovrà tornare da dov’è venuto. I designer di Space Caviar, che hanno progettato la scenografia della mostra con un approccio zero rifiuti, avevano proposto di usare la sabbia. Una volta qui, si sono accorti che sarebbe stato troppo complesso e hanno saputo adattarsi. Si sono rivolti alle imprese di costruzione e alle industrie locali e le hanno convinte a noleggiarci tutti i materiali necessari”. 
 

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Nifemi Marcus-Bello, Context in Design, Design in Context, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial.

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Thomas Egoumenides, The Ship of Theseus, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial.

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Yussef Agbo-Ola, JABALA: 9 ASH CLEANSING TEMPLE, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial

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Progetti che fanno la differenza  

La questione del riuso e dei rifiuti è al centro dei lavori di altri invitati, come l’installazione-laboratorio degli stilisti ugandesi di BUZIGAHILL, Return To Sender. Oltre a rivendere nei paesi del Nord i vestiti ottenuti riciclando gli indumenti di seconda mano che inondano i mercati del Sud, e quelli africani in particolare, BUZIGAHILL punta a promuovere la consapevolezza degli effetti perversi della fast fashion. Come l’impatto che ha sulle popolazioni e gli ecosistemi dei paesi in cui finiscono tonnellate di vestiti usati di scarsa qualità ogni anno.  

Nel suo tentativo di cambiare la narrativa e la prospettiva sull’architettura, la Triennale di Sharjah ha anche preso una decisione originale. Gli organizzatori hanno infatti permesso allo studio ecuadoriano Natura Futura di usare i fondi assegnati per terminare uno dei loro progetti: la costruzione della prima casa galleggiante moderna e sostenibile per la comunità che vive sul fiume Babahoyo. I sistemi abitativi galleggianti tradizionali fanno parte del patrimonio culturale dell’Ecuador ma si sono quasi estinti, anche perché visti come insalubri e come una minaccia alla biodiversità del fiume dalle amministrazioni locali, che hanno favorito il reinsediamento degli abitanti in nuovi quartieri contribuendo al loro sradicamento. Questo progetto, e il fatto che sia stato selezionato per una Triennale di portata internazionale, non solo ha concretamente migliorato la vita di una famiglia ma anche avuto un impatto politico, spingendo il governo a stilare un progetto di legge che prenda in conto sia le necessità del fiume che quelle di chi ci (e ne) vive.  

“Quando ce lo hanno proposto, ricorda Tosin Oshinowo, ho pensato: ma è un’idea fantastica! Mi è sembrato davvero un bel modo di appropriarsi gli obiettivi di questa Triennale, seminando nel mondo quei germogli di consapevolezza che, attraverso l’architettura, possono fare la differenza.” 

La seconda edizione della Sharjah Architecture Triennal accoglie gratuitamente i visitatori fino al 10 marzo 2024 in sei diverse location. 

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Collab: Henry Glogau and Aleksander Kongshaug, Resource Autonomy, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial.

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Papa Omotayo & Eve Nnaji MOE+AA/ADD-apt, We Rest at the Birds Nest, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial.

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Yara Sharif and Nasser Golzari, THE POWER OF THE ‘INVISIBLES’, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy of Sharjah Architecture Triennial.

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Art and Culture Development Foundation of the Republic of Uzbekistan (ACDF), Tashkent: Appropriating Modernism, 2023 - Ph. Danko Stjepanovic. Courtesy Sharjah Architecture Triennial.

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