La biologia della luce, secondo Manuel Spitschan

Ritratto di Manuel Spitschan

Manuel Spitschan, Research Group Leader, Max Planck Institute for Biological Cybernetics & Professor of Chronobiology & Health, Technical University of Munich

Cosa c’entra la cronobiologia con il design? Manuel Spitschan, professore alla Technische Universität München, ci spiega perché la luce è essenziale per il nostro benessere. E perché i designer dovrebbero saperne di più per progettare meglio

Luce fa rima con buon umore, presenza attiva, produttività: una convinzione che tutti istintivamente condividiamo, pur senza saperne spiegare le ragioni. Per approfondire questa correlazione, ci siamo rivolti a Manuel Spitschan, tra i protagonisti della prima edizione di The Euroluce International Lighting Forum, appuntamento diretto da Annalisa Rosso con la collaborazione di APIL che ha visto il debutto in occasione di Euroluce 2025. Spitschan è uno dei massimi esperti di cronobiologia. 

Professore associato presso la Technische Universität München e Max Planck Research Group Leader presso il Max Planck Institute di Cibernetica Biologica, Spitschan studia come il nostro orologio biologico si faccia influenzare dalla luce e come, modulandola, sia possibile restare in salute, regolando ad esempio il nostro ritmo sonno-veglia o ottimizzando il tono – talvolta troppo grigio - del nostro umore. Un bagaglio teorico, quello di Spitschan, che non deve restare relegato agli specialisti, ma che ha molto da insegnare anche a designer e architetti: soprattutto se l’ambizione è quella di progettare ambienti che non rispondano solo a canoni di bellezza e visibilità, ma anche di benessere psicofisico. Per gettare le basi interdisciplinari di questa consapevolezza, abbiamo raggiunto Spitschan per qualche domanda.

Il suo ambito di ricerca è la cronobiologia. Ci può spiegare cos’è e quali sono i suoi campi applicativi?

La cronobiologia è la biologia del tempo. In altre parole: come la nostra biologia si organizza in risposta al ciclo di 24 ore di giorno e notte. Decenni di ricerche hanno confermato che gli esseri umani possiedono un orologio interno, situato in profondità nel cervello, che controlla quasi tutti gli aspetti del nostro funzionamento: dagli ormoni al metabolismo, fino ai processi cognitivi.
Tuttavia, l’orologio biologico non segue naturalmente un ritmo di 24 ore e, quindi, ogni giorno deve essere risincronizzato, un po’ come un orologio meccanico che lentamente si discosta e necessita di essere regolato quotidianamente per rimanere preciso. La luce è il segnale principale per questa risincronizzazione.
L’orologio biologico ci riguarda tutti: sapere quando siamo al massimo delle nostre capacità, quando dovremmo allenarci o evitare di mangiare è fondamentale per la qualità della vita. Oltre a questa rilevanza quotidiana, capire come e quando ottimizzare i trattamenti medici rispetto al nostro tempo biologico diventa sempre più importante.

La sua unità di ricerca, distribuita tra Monaco, Tubinga e Singapore, può vantare nella sede di Tubinga un laboratorio del sonno che accoglie partecipanti per studiare il sonno e i ritmi circadiani. Cosa cercate di scoprire?

Con il mio team siamo interessati a comprendere esattamente come l’orologio biologico venga sincronizzato dalla luce. Ci sono aspetti della luce più importanti di altri? Studiamo, per esempio, come diversi scenari di illuminazione influenzino la produzione di melatonina, con l’obiettivo di identificare i meccanismi che sottendono gli effetti della luce sulla biologia.
Ma il nostro lavoro non si ferma al laboratorio: conduciamo anche studi sul campo per esaminare come l’esposizione alla luce influisce, ad esempio, sulla cognizione in condizioni quotidiane e studi d’intervento in cui modifichiamo l’esposizione alla luce delle persone.

Nel mondo dell’architettura e del design l’idea di una bella luce è prevalentemente associata alle qualità di uno spazio o alla forma di una lampada. Difficilmente l’impatto sulla salute e su aspetti non specificatamente visivi fa parte delle priorità progettuali. Sa darcene una ragione?

Tutti abbiamo una comprensione intuitiva della luce e alcune persone sviluppano una sensibilità estetica spiccata verso di essa. Nell’architettura e nel design, questo si traduce spesso in un’attenzione all’atmosfera, alla forma e alla bellezza visiva. Tuttavia, gli effetti biologici e non visivi della luce, come quelli sul sonno, la vigilanza, l’umore o i ritmi circadiani, restano in gran parte invisibili. Questi effetti non fanno parte della nostra percezione immediata intuitiva, né sono generalmente insegnati nei corsi di design, il che spiega perché la salute raramente diventi una priorità progettuale quando si parla di luce.
Detto ciò, c’è una crescente attenzione verso l’integrazione della salute e di metriche correlate nella pratica architettonica, spinta dalla crescente consapevolezza di come l’ambiente costruito influenzi il benessere umano. La progettazione dell’illuminazione spesso si basa su prove ottenute da studi umani ben controllati, in cui vengono definiti obiettivi e metriche specifiche. Ma questo solleva una domanda intrigante: gli spazi che troviamo belli sono anche quelli ottimali per la nostra salute? E, strettamente correlato: nella vita quotidiana scegliamo esposizioni alla luce che supportano il nostro benessere? La mia inclinazione è pensare di no, almeno non in modo coerente. Credo che questa sia una sfida importante: capire come la luce nell’ambiente costruito possa essere utilizzata non solo per sostenere la nostra biologia, ma anche per coinvolgere i nostri sensi estetici, che, dopotutto, hanno radici nel cervello.

Quale lezione o punto di vista vorrebbe condividere con un designer o un architetto che cercano di migliorare l’esperienza della luce nei loro progetti? Quale consapevolezza dovrebbero maturare per progettare in maniera più rispettosa dei nostri ritmi biologici?

Come scienziato biomedico, la mia prospettiva nasce dallo studio di come la luce influisca sulla biologia umana. Una lezione fondamentale che vorrei condividere è l’importanza di sviluppare sia una conoscenza tecnica sia una consapevolezza biologica. Questo significa saper misurare la luce con strumenti appropriati e interagire con la letteratura scientifica attuale sugli effetti non visivi della luce. Un punto di partenza prezioso sono le raccomandazioni di consenso di Brown et al. (2022), che offrono indicazioni su come quantificare e riportare l’esposizione alla luce in modi biologicamente significativi.
Incoraggio i designer a superare l’idea di pensare alla luce come momenti visivi isolati e a considerare invece l’intero ciclo di 24 ore. I nostri corpi rispondono non solo alla luminosità o al colore, ma anche al momento, alla durata e al pattern temporale dell’esposizione alla luce durante il giorno e la notte. Progettare con questa consapevolezza non è solo una questione di salute: è una forma di apprezzamento per la regolazione biologica del tempo che guida così tanti aspetti del nostro benessere.

C’è invece un messaggio che vorrebbe lanciare ai nostri decisori pubblici su questioni inerenti alla salute pubblica?

La luce è una questione di salute pubblica e dovrebbe essere trattata come tale. Regoliamo l’aria, l’acqua e il rumore, ma la luce rimane in gran parte non regolamentata, nonostante i suoi profondi effetti sul sonno, sull’umore, sulla vigilanza e sulla salute a lungo termine. Dobbiamo riconoscere la luce come un fattore ambientale modificabile con importanti implicazioni per la salute della popolazione.

Se la luce può influenzare tanto la nostra fisiologia che il nostro comportamento, pensa arriveremo in futuro a progettare sistemi di illuminazione domotica che curano la depressione, o lampade che guariscono dall’insonnia? E, soprattutto, crede che queste soluzioni potrebbero avere un senso, una rilevanza?

Gli sviluppi tecnologici degli ultimi decenni ci consentono di fare proprio questo: ottimizzare l’esposizione alla luce attraverso cambiamenti mirati nella qualità spettrale e nell’intensità della luce, in modo personalizzato. Dalla fine degli anni ’80, la terapia della luce viene utilizzata per trattare vari disturbi affettivi. Alla fine, il ruolo che questa tecnologia può giocare nella nostra vita quotidiana dipenderà dalla sua capacità di essere applicata su larga scala. Inoltre, sappiamo che, oltre alla luce artificiale, la luce naturale può essere un potente driver della fisiologia umana. Perciò, piuttosto che introdurre più illuminazione intelligente, vedo un grande potenziale nel cambiare i comportamenti, più che la tecnologia.

Quale lampada tiene sulla sua scrivania, e quale sul suo comodino? E, ci dica la verità, approfitta dello schermo prima di addormentarsi?

Sulla mia scrivania ho una lampada LED regolabile che uso per integrare l’illuminazione generale, soprattutto nei giorni bui. Sul mio comodino ho anche una lampada LED regolabile che imposto su arancione e abbasso prima di andare a letto, oltre a una luce che simula il risveglio.
E sì, onestamente uso il telefono prima di dormire. Ma i cronobiologi non sono noti per avere la migliore “igiene del sonno” – dopotutto, devono essere svegli quando gli altri dormono. È un po’ ironico, ma anche un promemoria che capire la scienza non ti rende immune alle sfide della vita moderna.

30 giugno 2025
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