Stefano Boeri racconta il “supersalone”. E parla di dream team e generosità

Stefano Boeri

Laila-Pozzo©Michelangelo-Foundation

Un evento fatto di immaginazione, partecipazione e innovazione digitale, che trasformerà la Fiera in una poliedrica città. Dalle parole del suo curatore, tutto sulla genesi e sulle novità del “supersalone”.

È l’architetto Stefano Boeri il deus ex-machina su cui il Salone del Mobile.Milano ha puntato tutto per creare un evento che, volenti o nolenti, passerà alla storia. Perché, da quanto trapelato fino a oggi, sarà una manifestazione, per dirla con un eufemismo, rivoluzionaria. Sarà un “supersalone”, in effetti. Ma anche il Salone delle tante “R”. Perché resiliente – alla fine, il sistema del design italiano ha dato prova di grande capacità di reazione, ha riconquistato la sua coesione, la visione di ciò che davvero è importante e si è riorganizzato in chiave qualitativa e positiva. Perché riuserà e riciclerà – tutto l’allestimento è stato pensato in un’ottica di circolarità: i giunti di metallo e le assi di legno che si utilizzeranno nell’allestimento sono facilmente assemblabili e ri-assemblabili ovunque, in qualsiasi momento. Perché riforesterà le zone limitrofe alla Fiera di Rho – grazie al progetto Forestami, un bosco di quasi duecento piante che renderà non solo l’ingresso particolarmente green ma, a seguire, anche i terreni circostanti. E, per non farci mancare le altre lettere dell’alfabeto, il “supersalone” sarà anche aperto, inclusivo, commerciale ma forse più culturale, giovane, indipendente, gustoso, cinematografico, phygital. Ovviamente, nell’epopea epica contemporanea, l’eroe non è mai solo. E Stefano Boeri lo sa molto bene. Per questo, ci ha raccontato del suo dream team. A lui il merito di aver immaginato l’inedito. Al Salone, quello di essersi fidato e affidato. E di lavorare con tutti perché questo “supersalone” dimostri di possedere davvero quei poteri speciali che il suo curatore indubbiamente ha.

Il design, così come l’architettura, non può prescindere da positività e fiducia. Sono discipline che trovano soluzioni, che non si arrendono dinnanzi al dubbio e alle difficoltà. È con questa forma mentis che ha risposto alla chiamata del Salone del Mobile.Milano? Cosa l’ha spinta ad accettare ciò che, diciamocelo, in molti temevano di non riuscire a realizzare?

Ho subito pensato che la sfida di immaginare un’edizione 2021 del Salone in una situazione oggettivamente molto difficile come quella della post pandemia, a pochi mesi di distanza dal Salone del 2022, che segnerà un traguardo importante, fosse bellissima. Perché si trattava di dare un segno di presenza di Milano e dell’Italia nel panorama internazionale. Si trattava di dare un segno di forza del mondo del design come grande attrattore di pubblico e grande elemento di connessione di mondi diversi. E si trattava di raccontare un Salone diverso dal solito, che tenesse sì la sua dimensione commerciale ma facesse anche i conti con la domanda di intervento, rinnovamento, miglioramento dell’arredo e degli spazi domestici emersa durante il lockdown, un momento in cui si è lavorato sull’introspezione, sulle relazioni famigliari, sulla prossimità. Da tutto ciò, nasce l’idea di “supersalone”.

“supersalone” sa un po’ di superman (ma anche di wonderwoman). Quali saranno i super poteri di questo evento settembrino del Salone del Mobile?

Il primo super potere sarà quello di portare tutti i giorni a Fiera Rho Milano, per la prima volta nella storia, tutto il pubblico di utenti per un evento che sarà insieme culturale e commerciale. Super perché, ancora per la prima volta, tutti potranno prenotare e acquistare i prodotti, ossia il meglio della produzione nazionale e internazionale, visti in Fiera: un’esperienza unica per chi oggi vuole rinnovare, migliorare, sperimentare spazialità e materiali nuovi nella propria casa. Super perché insieme a questa potente dimensione di commercio innovativo che lavora sulla presenza e sul digitale, ci saranno degli eventi culturali di altissimo livello: il percorso espositivo del Compasso d’Oro che, con trenta sedie insignite della medaglia d’oro e più di settanta menzioni, metterà in mostra l’oggetto più iconico del design; le più di cinquanta scuole internazionali di design e architettura che metteranno in risalto i prodotti e le ricerche dei nuovi designer; decine di makers che metteranno in scena e in vendita il risultato della loro autoproduzione; il meglio del food design italiano e naturalmente la questione ambientale con il progetto Forestami che realizzerà un’intera foresta all’entrata di Porta Est per poi piantumarla a fine evento nelle zone limitrofe. Insomma, supersalone 2021 sarà un evento imperdibile.

Penso che “supersalone” sia un appellativo molto potente perché, dopo tutto il tempo trascorso in casa, inserisce a pieno titolo il design nell’agenda politica e sociale di Milano (se non della nazione), sottolineando come il design contemporaneo non sia scollegato dalla vita reale ma ne sia, in qualche modo, il tutore. Insomma, non un mero slogan ma un’attribuzione di responsabilità…

Sicuramente sentiamo questa responsabilità: abbiamo lavorato pancia bassa in queste settimane insieme al team del Salone del Mobile.Milano, agli allestitori e alle aziende che hanno aderito con passione e dedizione. Anzi, dirò di più: il coinvolgimento dei brand è stato tale che ci saranno anche ritorni. Ma vi lascio la sorpresa.

In questa sfida ha deciso di non essere da solo. Chi sono, professionalmente e umanamente, i cinque co-progettisti che ha voluto accanto a sé?

Il “supersalone” sarà un evento importante anche grazie allo straordinario team di co-progettisti che mi ha affiancato: Andrea Caputo, uno degli architetti, oggi, in assoluto più interessanti sulla scena nazionale e internazionale; Maria Cristina Didero che, in questi anni, è stata il riferimento per la critica, la curatela e l’editoria del design e della moda; Anniina Koivu che dall’Ecal, con i suoi studi e testi, è un punto di riferimento per chi si occupa di design industriale; Lukas Wegwerth che, tra i progettisti, è il più attento ai materiali e al concetto di riutilizzabilità di tutte le componenti degli allestimenti e Giorgio Donà e Stefano Boeri Interiors che sono stati il team che con me ha coordinato tutta questa fase di creatività. È un dream team: il merito del successo sarà tutto loro.

L’Intelligence Unit dell'Economist ha pubblicato l'annuale lista delle città dove si vive meglio al mondo. Milano è solo 41esima. Cosa le manca? Quale cambio di passo e quali visioni diverse auspica?

Milano è in un momento delicato. Ha vissuto un periodo di crescita fino a prima del lockdown. Oggi dobbiamo ripartire. Con il “supersalone”. Con la settimana del design seguita da quella della moda. È un modo importante per ripartire sul terreno della creatività, dell’invenzione, della generosità. Design e moda sono le due piattaforme mediatiche più importanti di Milano. Ma sono solo la punta dell’iceberg di uno sforzo collettivo di decine e decine di aziende che sono sparse su tutto il suo territorio. Partiamo da lì. Sono sicuro che Milano tornerà a essere una delle grandi capitali culturali ed economiche d’Europa con la possibilità di scalare le vette delle varie classiche che suggeriscono le metropoli dove si vive meglio.

E dopo il “supersalone” cosa succederà? Ai posteri l’ardua sentenza (e non ce ne vogliano, i fan di Manzoni, per la citazione).

1 luglio 2021