Dall'ebanisteria al design, in conversazione con Vittorio Alpi

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ALPI Legacy Collection, curated by Piero Lissoni, photo Federico Cedrone

Una storia familiare legata a tre figure generazionali: Pietro, Valerio e Vittorio Alpi. Dall'industrializzazione del processo produttivo del legno composto, all’apertura del primo stabilimento in Camerun per una costante fornitura di materie prime, fino alle collaborazioni con i designer. In conversazione con Vittorio Alpi, presidente dell'omonima azienda

Rispetto all’avvicendarsi delle generazioni e dei rapporti familiari, cosa è cambiato? Guida individuale o lavoro di squadra?

Dai tempi di mio nonno prima e di mio padre poi, molto è cambiato, adesso è più un lavoro di squadra. L’azienda oggi è managerializzata: io sono il Presidente, poi c’è l’Amministratore Delegato e una prima linea di dirigenti autonomi nelle decisioni. La mia attività prevalente è quella di innovazione di prodotto, fra cui il coordinamento dei collaboratori esterni - come designer - con tecnici interni, a cui assegnare obiettivi e seguirne il progresso, per trasformare la visione estetica in realtà industriale. Direi quasi un lavoro di interpretazione. Grazie alla mia attività definisco la visione e missione aziendale.

 

vittorio alpi, salone milano

Vittorio Alpi

C’è stato un momento di svolta per lei e quindi per l’azienda? 

A seguito della grande crisi finanziaria del 2009 la situazione era assai complicata per via del crollo dei mercati. Percepii la necessità di cambiare il business model perseguito fino ad allora, che era produrre i massimi volumi. La differenza è che oggi si preferisce produrre il massimo valore. 

Questo modello è consistito nel riposizionamento del marchio aziendale, grazie alla comunicazione e soprattutto all'introduzione di prodotti più sofisticati, che occupano una fascia di mercato parallela a quella del lusso. Oggi produciamo tanti legni molto molto belli, non facili da fabbricare ma di maggior valore.

 

Cosa avete mantenuto di quella piccola realtà nata nel 1919?

Tanto! La fabbricazione del prodotto è in certe fasi difficile da automatizzare, per cui si ricorre a manodopera specializzata. Un carattere di artigianalità che non si riscontra in molte altre realtà. Quasi un’industria artigianale, anche se sembra una contraddizione in termini. Ciò ci consente di presentare prodotti sofisticati, la cui cura è il risultato della mano umana. 

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ALPI, Salone del Mobile 2022 stand, photo Thomas Pagani

Un prodotto a cui è particolarmente legato?

ALPIready, il pannello sottilissimo (1 mm) presentato nel 2022 in occasione del Salone - e inserito nell’ADI Design Index 2022 - formato da due strati di legno, incollati ortogonalmente, come nel compensato. Un foglio molto robusto e flessibile che, nonostante il basso spessore, è fornito prefinito e preverniciato. La collezione presenta diversi legni e finiture, con la verniciatura più adatta. Riguardo all’estetica, il fronte e il retro del pannello sono dello stesso colore quindi non si riscontrano linee scure nello spessore. Da sottolinearne il carattere ecologico: non contiene plastica ed evita problemi di inquinamento o smaltimento. Non esisteva un prodotto con queste caratteristiche.

 

Qualche anticipazione sul Salone del Mobile.Milano 2023?

Durante il Salone del Mobile 2023 presenteremo una nuova gamma di legni firmati dal nostro art director Piero Lissoni, insieme a una nuova collaborazione con un designer di fama internazionale che non vediamo l’ora di svelarvi. Siamo già al lavoro su altri progetti, tra cui la mostra autunnale che giungerà l’anno prossimo alla sua quinta edizione.

 

Quale momento ha segnato l’espansione dell’azienda?

Quando arrivai in azienda negli anni ‘80 era già grande, ho attuato una revisione dei modelli di business transitando dagli anni ‘80 a un modello postindustriale.

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ALPIready, photo courtesy

La collaborazione con Ron Arad?

Il mio sogno era collaborare con lui, mi piacciono le sue opere. Da qualche anno, in autunno, organizziamo nello showroom di via Solferino mostre di mobili realizzati con i nostri legni. Esponiamo i fogli in legno - pur sempre creature bidimensionali, che sono poco sexy! – non certo suggestivi come mobili in legno. In queste occasioni mostriamo le potenzialità del materiale una volta applicato. Amo il design radicale, da qui la scelta dei progettisti che hanno collaborato con noi: da Alessandro Mendini a Piero Lissoni, a Martino Gamper, solo per citarne alcuni. E ora Ron Arad.

 

Parliamo dello sfruttamento e della complessità delle foreste in Camerun.

Una grande complessità. La nostra attività in Africa è sia industriale che forestale. Quest’ultima desta più attenzione perché legata al tema della conservazione delle foreste. Lo sfruttamento è a basso impatto: preleviamo dalla nostra foresta in Camerun esclusivamente gli alberi utili alla produzione. Ciò avviene attraverso sopralluoghi specifici, abbattiamo in media meno di un albero per ettaro e così la foresta rimane intatta. La vegetazione e il sole sono così forti che basta aprire uno spiraglio in questa fittissima cupola e la zona viene invasa da piante e rami. Lo sfruttamento a cadenza trentennale è a basso impatto: possiamo quindi affermare di avere buone credenziali. Il legno, risorsa perenne, non è come i minerali, il petrolio o i metalli che si estraggono da miniere esauribili. La foresta, se lavorata in maniera corretta darà sempre i suoi frutti, è una fonte continua di materiale. Una ricchezza rinnovabile e “perennizzabile”. 

 

Come state affrontando questo momento economico sociale?

Con un po' di preoccupazione a causa degli attuali eventi politici e bellici, ma dal punto di vista del business non ne abbiamo risentito e speriamo continui così. Non sappiamo cosa ci riservi il futuro e teniamo le dita incrociate.

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ALPI, If I were a Carpenter, Ron Arad. Photo Thomas Pagani

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ALPI, If I were a Carpenter, Oh Void, design Ron Arad. Photo Pierpaolo Ferrari

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ALPI, Cameroon factory, photo courtesy

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29 dicembre 2022
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