Racconti di identità
Il museo d’impresa: un patrimonio prezioso, fondamento per il futuro. Il valore della sua memoria raccontato attraverso alcune realtà italiane, custodi di arredi, tessuti e oggetti di design.
Memoria e futuro. Sembra questo il segreto racchiuso nelle stanze di un museo d’impresa, realtà ormai sempre più diffusa nei vari settori produttivi. Salvaguardare il brand e valorizzarne il patrimonio, rendendolo vivo: è questa la nobile motivazione che smuove il desiderio principe alla base di ogni museo, là dove si materializza l’identità di un’azienda e dove si può toccarne con mano la storia.
Attraverso archivi, prototipi, pezzi unici, strumenti, fino ai macchinari e tanto altro ancora, i musei diventano anche strumento di dialogo diretto ed efficace, nonché di condivisione immediata con il proprio territorio. Un museo di questo genere non solo intrattiene ed educa, ma contribuisce a dare valore aggiunto a un’azienda, conservandone e diffondendone il know how. E diventa sempre più una vera e propria funzione d’impresa, proficua alla competitività e in diretta connessione con le strategie di marketing. Le istituzioni museali che presentiamo qui di seguito, legate al mondo dell’arredo, ci offrono un assaggio del loro vero e profondo valore. Incommensurabile.
Molto spesso un museo d’impresa nasce per celebrare un anniversario speciale. È il caso di quello di Calligaris, che lo scorso settembre ha inaugurato 300 m2 di spazi espositivi all’interno dell’headquarter di Manzano, vicino a Udine, dando l’avvio alle celebrazioni per i non lontani 100 anni dell’azienda, fondata nel 1923 come laboratorio artigianale per la produzione della sedia Marocca, tipico manufatto locale dalla struttura lineare in legno e seduta impagliata. Un museo dedicato non solo alla storia dell’impresa, che ha visto succedersi tre generazioni, ma anche a quella del distretto friulano della sedia, che copre l’80% della domanda nazionale e con una forte presenza in Europa, USA e Oriente. Sette i percorsi degli spazi espositivi, a partire dalle origini, affondate nel Settecento, per arrivare all’oggi, esplorando la vocazione innovativa dell’impresa che al legno ha affiancato la lavorazione di altri materiali, come metallo, cuoio, vetro e plastica, con una particolare attenzione alla sostenibilità.
Un museo per un altro centenario è quello di Poltrona Frau aperto nel 2012 su progetto di Michele De Lucchi. Un’architettura industriale austera, bianca, identificabile da una lunga parete arancio che abbraccia l’angolo dello stabilimento di Tolentino. E con interni pensati come un grande contenitore di colore grigio, dal design essenziale. “L’intelligenza delle mani”, ossia le competenze riconoscibili nei prodotti del brand, accolgono il visitatore attraverso filmati suggestivi che evidenziano le fasi di lavorazione. In un patio centrale l’iconica Vanity Fair, mentre nella grande sala con torri scenografiche 11 icone, in una ricostruzione fedele del loro periodo storico, raccontano l’azienda unitamente a documenti originali, cartoline, manifesti pubblicitari, cataloghi, schizzi, disegni raccolti in una teca. Non manca una sala lettura, dove oltre a visite guidate vengono organizzate attività e laboratori di educazione museale per un museo che vuole essere vivo.
Concepito durante il processo di ricognizione storica iniziato in occasione della mostra Molteni80 che ha dato vita al Molteni Archive, con oltre 4.500 documenti, il Molteni Museum, inaugurato nel 2015, si trova a Giussano all’interno di un edificio industriale di fine anni ’50, ristrutturato nel 1986 da Aldo Rossi e Luca Meda e, successivamente, dallo Studio Cerri & Associati, che ha curato anche l’immagine coordinata del museo stesso progettato da Jasper Morrison. 48 prodotti icone ripercorrono la storia dei quattro brand dell’omonimo Gruppo – Molteni&C., Dada, Unifor e Citterio facendo del museo non solo un collettore di memoria ma anche un luogo vivo e un’occasione d’incontro per le comunità locali e internazionali con cui il Gruppo ha intrecciato relazioni nel tempo. Dal 2018 il museo ha allargato la sua mission culturale aprendosi all’arte contemporanea attraverso una collezione in progress con opere di giovani talenti, in vendita anche nei Flagship store dislocati nel mondo. Un museo che entro il 2021 avrà un completo new look a firma di Ron Gilad, per raccontare la storia dell’impresa con uno sguardo al presente e al futuro. Il nucleo storico rimarrà il cuore inviolato del nuovo progetto, a cui si affiancheranno iniziative speciali, globali e aperte al mondo grazie alla nuova flessibilità degli spazi e alle nuove tecnologie digitali.
Anche il Kartell Museo, classe 1999, è nato per celebrare un compleanno, il 50°, distinguendosi subito come miglior museo d’impresa ricevendo, nel 2000, il Premio Guggenheim Impresa & Cultura. 8.000 oggetti, 5.000 disegni e 15.000 fotografie, in continua crescita, raccontano la felice storia dell’azienda di Noviglio, fondata nel 1949. Un excursus permanente, con l’allestimento di Ferruccio Laviani e la curatela di Elisa Storace, tra autoaccessori (esemplare il portasci K101, l’unico del suo genere leggero e facile da installare, è il primo prodotto Kartell), casalinghi (in nuovi materiali plastici con stampaggio industriale che si sostituiscono al legno e al metallo), lampade (con la 4006 di Achille e Piergiacomo Castiglioni, la prima a sospensione dell’azienda), articoli per laboratorio (nel 1958 nasce la Divisione Labware), mobili (con la divisione Habitat del 1963) e complementi d’arredo, fra cui molte icone del design italiano. Anche il contenitore stesso è un pezzo da museo, interessante esempio di architettura industriale condiviso con lo stabilimento firmato da Anna Castelli Ferrieri e Ignazio Gardella nel 1967, quando l’azienda si trasferì alle porte di Milano. Un luogo esclusivo per diffondere la cultura del design tramite pubblicazioni e ricerche, visite guidate e mostre.