Philippe Malouin: il design fuori dai binari

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Steel Works, The Breeder Gallery, photo courtesy Philippe Malouin

Libero nei gesti e nei risultati. Tra scultura e design industriale, forme geometriche e materiali naturali, il designer canadese declina il design in modo innovativo, forte ed empatico.

Un gigante buono, di poche parole. Semplice e onesto come i suoi pezzi, in serie o unici. E con un ampio sorriso che conquista. Canadese classe 1982, con studi effettuati a Eindhoven, Parigi e Montreal, vive a Londra ma nei mesi autunnali è spesso ad Atene “perché il clima è stupendo” e dove lo scorso novembre ha inaugurato la personale da The Breeder, con pezzi raccolti in discarica e riassemblati in un’eco dadaista conferendogli nuovo significato e nuovi colori.

 

Malouin esordisce nell’attività di designer con Tom Dixon, nel 2008 avvia il suo studio nella capitale inglese e l’anno seguente si afferma con la prima personale alla Next Level Galerie di Parigi. L’intensa ricerca sui materiali, gli attenti processi di produzione accompagnati da un’estetica essenziale e familiare gli hanno creato quell’aura di outsider e, come gli piace precisare, I’m a designer of all sorts”.

 

Distante dalle mode, perché il seguirle “è la peggior cosa che si possa fare” in quanto si marchia a priori il progetto con una scadenza certa, segue da sempre la capacità di un oggetto di conservare valore e la possibilità di essere nuovamente rimesso sul mercato una volta dismesso. Una sostenibilità innata e ante litteram che va ben oltre i processi produttivi e i materiali (per il loro “miglior uso” riceve fra l’altro il Wallpaper Award, premio ricevuto anche come “miglior designer dell’anno” 2018).

 

Tavoli, sedie, luci, tappeti, oggetti d’arte e installazioni sono gli attori del suo vasto portfolio che vede protagoniste, aziende come Desede, SCP, Resident, Vaarnii, Ishionomaki Lab, cc-tapis, iittala, Marsotto Edizioni, Hem, Ace hotel, MATTER MADE, Established & Sons, Roll & Hill, 1882, Kvadrat, Umbra Shift, Caesarstone, IZÉ, Swarovski, Bloomberg, Aesop, Touch Digital.

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Philippe Malouin, ph. Jasmine Deporta 

Sei uno sperimentatore quasi impulsivo, ma anche uno che riflette molto. Tra i tuoi primi progetti ci sono, ad esempio, un tavolo gonfiabile per 10 persone che quando non usato può essere riposto in un borsone. Sperimentare è anche rischiare. Qual è stato il rischio più alto che hai affrontato?

La maggior parte dei nostri progetti nasce dalla sperimentazione. Come molti giovani designer di oggi, a inizio carriera lavoravo per gallerie di design. Ora il mio studio si occupa per l’80% di design industriale per la produzione di massa. Il prodotto del lavoro che facevo per quelle gallerie a inizio carriera era sempre il risultato di una sperimentazione e di una serie di tentativi ed errori.

Mi ricordo di quando lavorai a un’esposizione speciale per uno dei miei editori (Hem): mi chiesero di creare un corpus di opere che ruotasse attorno all’idea di paravento e di separazione degli spazi. Avevamo pochissimo tempo a disposizione e di certo non abbastanza per produrre tutti i pezzi e inviarli a New York per la mostra; perciò Hem decise di mandare me e un assistente a creare da zero l’intera mostra direttamente in un piccolo studio di New York con l’idea di realizzare la mostra usando materiali ed elementi che sarei stato in grado di andare ad acquistare e portare in studio autonomamente. Indubbiamente è stata una grande scommessa, ma ha portato a un risultato interessante. Il prodotto effettivo di questo lavoro fu una piccola pubblicazione incentrata sul concetto di sperimentazione.

 

Nei tuoi progetti la forma e la decorazione vengono per ultime nella globalità del processo creativo, dopo l’idea, lo studio delle fasi di realizzazione e l’attenzione ai materiali. Nella tua prima collezione di tappeti, Lines per cc-tapis, celebri volutamente l’imperfezione della tessitura. Così come nei tuoi pezzi di metallo lasci evidenti le saldature. Perché?

Non direi per forza che la forma venga per ultima, direi piuttosto che il concept viene prima di tutto il resto; spesso poi il concept stesso, insieme alla sperimentazione, ha la capacità di creare la forma. Una forma che viene scoperta, per così dire, a volte può risultare più interessante di una forma semplicemente abbozzata con uno schizzo. Il progetto realizzato per cc-tapis è nato da un mio disegno di linee verticali a pastello a cera. I pastelli a cera lasciano un tratto irregolare perché il pigmento si deposita a piccoli grumi sul foglio di carta. Proprio questo concept è stato la linea guida iniziale che ha portato alla creazione dei tappeti. cc-tapis ha trovato interessante questa idea e Daniele Lora ha pensato di immergere mazzetti di fili di lana nel colore per tingerli e ricreare così lo stesso genere di effetto una volta annodato il tappeto.

Questo significa ovviamente che ogni tappeto è unico e diverso da tutti gli altri. Per quanto riguarda i pezzi in metallo fatti a mano che abbiamo prodotto per la nostra ultima mostra alla The Breeder di Atene, il mio obiettivo era mostrare come abbiamo trovato dei rottami metallici e li abbiamo riconfigurati senza bisogno di farne dei prodotti industriali perfetti; dopotutto, si tratta di pezzi unici destinati a una galleria, e ciò che ci interessava davvero era mostrare come sono venuti alla luce.

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Mollo for Established & Sons, photo courtesy Philippe Malouin

Nel tuo portfolio compaiono oggetti diversissimi tra loro, per tipologia e materiali. Che differenza c’è nel progettare un divano senza struttura interna (Established & Sons), un paravento composto da palloncini (Hem) o un tavolo di nylon girevole (Museum of Contemporary Art Santa Barbara)?

Tutti questi progetti hanno origine da una sperimentazione che abbiamo condotto con alcuni materiali senza un’idea precisa di dove saremmo arrivati. Per esempio, il divano Mollo, che abbiamo pensato per Established & Sons, è stato progettato partendo da un materasso in schiuma comprato da Ikea, a cui abbiamo tolto la fodera esterna per poterlo poi ricucire dandogli la forma tipica del modello Mollo, una forma che in realtà è arrivata in modo casuale.

I paraventi fatti di palloncini sono il risultato di un esperimento legato al concetto di separazione degli spazi, nell’ambito di un progetto speciale di cui ci siamo occupati per Hem. La cosa più interessante di questo progetto di “studio dei paraventi” è che da lì siamo arrivati alla lampada POLE che abbiamo realizzato per Roll & Hill. Alla fine del progetto ci era avanzato del materiale: qualche mattone, dei pali da tenda e un rotolo di striscia LED. Con i pali da tenda ho creato un arco al quale ho applicato la striscia LED; successivamente l’ho stabilizzato con i mattoni, e così è nata POLE per Roll & Hill, completamente per caso. Sono sicuro che non avrei mai avuto quell’idea se fossi partito da qualche schizzo disegnato su un blocco o da qualche modello 3D sviluppato al computer.

L’intenzione alla base del progetto del tavolo di nylon girevole era quella di fare uso di alcuni materiali per sfruttarne le qualità intrinseche. Il nylon è una plastica autolubrificante che a volte viene impiegata per la produzione di alcuni tipi di cuscinetti a sfera. Questo ci ha portati a sperimentare con il nylon, portando poi la nostra idea a una scala via via più grande, fino a realizzare dei prodotti. Ciò che voglio dire è che in genere i progetti speciali ci danno l’occasione di sperimentare, ma ogni volta facciamo una scoperta che può culminare in un prodotto di massa del tutto unico e nuovo.

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Products for iittala, photo courtesy Philippe Malouin

Marmo, vetro, ceramica, cemento, legno, acciaio, nylon? C’è ancora qualche materiale con cui vorresti creare qualcosa?

Penso che il materiale più interessante è sempre quello con cui non ci siamo ancora cimentati. Non sappiamo mai quale sarà il prossimo, il che rende il nostro lavoro ancora più entusiasmante. 

 

I 10 anni del tuo studio li hai festeggiati con il con il motto “making quality products for people’s lives” (realizzare prodotti di qualità per la vita delle persone). Stai già pensando a quello dei 20 anni?

Come ho già accennato, anch’io ho cominciato, come molti giovani designer, facendomi le ossa nel mondo delle gallerie e poi mi sono guadagnato la fiducia delle aziende di arredamento che mi hanno chiesto di progettare per loro. Il bilancio dei primi dieci anni è molto positivo; abbiamo avuto la fortuna di poter collaborare a una serie di progetti per dei marchi che adoriamo e con i quali ci piace moltissimo lavorare.

Al momento siamo in contatto con aziende di arredamento molto più grandi, quindi spero che riusciremo a creare prodotti di qualità, economicamente accessibili, che possano influenzare la vita delle persone.

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Study for Screens, photo courtesy Philippe Malouin

Pensando al futuro, quali sono i tuoi prossimi progetti? Più arte o più design? Come li concili e che cosa rappresentano per te?

Noi ci occupiamo di design industriale. L’arte è il mezzo che ci permette di scoprire idee interessanti da applicare alla produzione di massa. L’uno influenza l’altra, infondendo sempre nuova linfa e nuova freschezza, ma in fin dei conti io mi occupo di progettazione di componenti d’arredo e di illuminazione. Siamo molto fortunati perché attualmente collaboriamo con marchi di design più grandi e incredibilmente interessanti…  quindi, per rispondere alla domanda: più design, ma sarà l’arte a darci le idee per il design.

 

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Stilts Side Table for Vaarnii, photo courtesy Philippe Malouin

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Matter Made book, ph. Justin Borbely

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DS-707 Armchair for de Sede, photo courtesy Philippe Malouin

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Nylon Sideboard for Salon 94 Design, photo courtesy Philippe Malouin

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Philippe Malouin, photo courtesy Philippe Malouin

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Steel Works, The Breeder Gallery, photo courtesy Philippe Malouin

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Barrel for SCP, photo courtesy Philippe Malouin

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Day as Night show, photo courtesy Philippe Malouin

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25 gennaio 2022