Intervista a Nao Tamura, special guest di Euroluce 2023
La designer giapponese con base a New York racconta la sua visione del design a partire dalla sua esperienza diretta, dove la ricerca di equilibrio e la ricerca di sé sono aspetti imprescindibili
“Da bambina non ero brava a studiare”. Nao Tamura, classe 1976, formatasi alla Parson School of Design di New York e oggi tra le designer multidisciplinari più prolifiche e premiate della scena internazionale si racconta al pubblico del Salone. “Ho avuto la fortuna di avere genitori che non mi hanno mai forzata a essere ciò che non ero, a non provare vergogna e ad accettarmi”.
Quando si è trasferita da Tokyo a New York, si sentiva un pesce fuor d’acqua perché, racconta, “ci si aspettava che tirassi fuori la mia personalità, che fossi me stessa, ma in Giappone non ci era stato insegnato questo, anzi, bisognava seguire le regole e uniformarsi agli altri. Soprattutto in una città come New York, dove tutti mostrano continuamente la propria unicità, dovevo scoprire la mia identità e farla vedere, trovare me stessa, altrimenti sarei stata spazzata via. Il design è stato il mezzo per esprimermi”.
Tamura vanta collaborazioni quali Artek, Issey Miyake, Lexus, Panasonic, Nanimarquina e negli anni ha raccolto numerosi premi tra cui svariati Good Design Award, l’IF Product Design Award e il SaloneSatellite Award nel 2010. Tra i suoi lavori più noti, lo sgabello Rings per Artek, la lampada Sage per Ambientec o l’installazione interattiva Interconnection per Lexus Toyota. Durante il Talk al Salone del Mobile parlerà di un tema a lei caro, l’interconnessione.
La comunicazione. Non esistono risposte univoche a domande complesse, specialmente se parliamo di tematiche come la sostenibilità. Nel mio, quello che ritengo più importante è non smettere mai di porre domande. Durante il mio primo SaloneSatellite la comunicazione ha creato interconnessione con le persone attorno e mi ha permesso di andare avanti.
La luce oggi è fortemente legata alla tecnologia, rappresenta la sintesi perfetta tra funzione ed emozione. Un oggetto luminoso deve sì illuminare, ma anche parlare ai sentimenti e alle percezioni delle persone che ne faranno uso. Si lega molto al come ci si sente e amo questo aspetto in cui bisogna trovare un bilanciamento continuo.
Sono una designer. Non ho la capacità che hanno gli artisti di esprimere spontaneamente chi sono. Mi piace creare per i clienti e questo diventa una guida nel processo creativo. Questi ultimi anni è stata dura perché non potendo interagire dal vivo, non si riuscivano a captare tutte quelle sfumature, espressioni, reazioni che si hanno durante una conversazione che ti aiutano a reagire e muoverti. Se qualcuno mi dicesse, puoi fare tutto quello che vuoi, sarebbe molto faticoso.
In quel lavoro volevo sottolineare il rapporto tra noi e la natura e quel rapporto delicatissimo che esiste. Lì ho evidenziato questo equilibrio con una serie di oggetti sospesi interconnessi e se si faceva pressione su una parte dell’installazione tutta la composizione veniva deformata. Il messaggio era che anche una piccolissima azione avrebbe impattato l’insieme.
Posso farti un esempio. Arrivo da una cultura dove il concetto di accettazione è fondamentale. Una volta a New York però dovevo far vedere chi fossi, e quindi mi sono ritrovata a dover spingere per esprimere me stessa e non solo accettare – cosa, l’accettazione, in cui ero molto più brava. Questa è una forma di equilibrio e lo vediamo anche nelle relazioni: non puoi dire al tuo partner solo quello che vuoi fare, bisogna anche accettare quello che lui vuole fare, ma senza dimenticarsi dei propri bisogni, che dovranno essere accettati. A quel punto trovi equilibrio e questo lo si può avere in ogni cosa. Accetta e respingi.
Amo il vetro perché non lo puoi controllare. Con tutti gli altri materiali, potevo decidere il risultato finale al millimetro. Con il vetro, non sei tu a guidare, ma è il materiale che detta le regole, se provi a controllarlo, si rompe. Come se la natura ti deridesse. Questa è una metafora di come l’uomo si comporta sulla Terra, forzando la mano e rompendo gli equilibri, invece di ascoltarli. La cosa incredibile con il vetro è che alla fine il risultato è sempre migliore di quello che ti eri immaginato.