Maria Porro: cercare la sostenibilità è costruire il futuro

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Condotte di consumo, percorsi formativi e una tabella di marcia concreta. La presidente del Salone del Mobile.Milano e di Assarredo, delegata di FederlegnoArredo per la sostenibilità insieme a Paolo Fantoni, racconta l'approccio green come atto di responsabilità.

Per Maria Porro, Presidente di Assarredo e del Salone del Mobile.Milano il Decalogo sulla sostenibilità di FederlegnoArredo è un atto di responsabilità nato da un sentimento condiviso. Un progetto che abbraccia, “dalla sorgente all’estuario”, un’intera filiera. E che porta verso una nuova idea di eccellenza.

Cosa è la sostenibilità per un settore come quello dell'arredo, come si raggiunge, con quali obiettivi?

Come Federazione abbiamo intuito, quasi tre anni fa, grazie alla lungimiranza dell’allora presidente di Assarredo Claudio Feltrin, che questo tema sarebbe diventato centrale, processo che ha subito una grandissima accelerazione con la pandemia. Abbiamo visto attraverso una nostra survey interna che, in realtà, il settore dell’arredamento e del design lo sta già affrontando, anche se in modo non sempre organizzato e sistematico. Abbiamo capito che c'era bisogno di una regia che aiutasse a canalizzare gli sforzi: non basta fare un atto di forza nei confronti della catena dei fornitori, bisogna modificare il sistema produttivo. L’idea che una Federazione si ponga come supporto e guida comune per i nostri associati ci è sembrato un atto di responsabilità. Anche in prospettiva: un settore che ha fatto della qualità e del bello la sua forza competitiva adesso deve fare della sostenibilità uno dei pilastri su cui costruire la leadership del futuro.

Qual è stato il punto di partenza del progetto?

La sensibilità delle singole persone. Il mio motivo profondo? Sarà una cosa banale, ma ho tre figli e penso che le cose vadano cambiate, e velocemente. Un’intera generazione si è espressa su quello che sta succedendo, per i membri di Assarredo e di tutta la Federazione è stata una sorta di presa di coscienza. C'è stato, sempre più corale, un dire “bisogna fare qualcosa”. All’inizio eravamo poche voci sparute e le priorità erano altre, ma nell’ultimo anno e mezzo questo sentimento è diventato condiviso. È un’urgenza che offre un’opportunità per tutti: non coglierla è rischioso per il nostro futuro, ma sarebbe soprattutto un’occasione persa.

Come si è sviluppata l’idea di questo Decalogo?

Il processo è stato molto entusiasmante e stimolante. Abbiamo lavorato con tutte le aziende associate, cercando di far emergere le sensibilità, le necessità, i percorsi virtuosi già iniziati. E i limiti, che sono il vero punto di partenza. Assarredo è stata la prima associazione che ha creato un gruppo di lavoro sulla sostenibilità, poi seguita dalle altre associazioni. Infine, io e il presidente Fantoni – delegati alla sostenibilità ambientale per la Federazione – abbiamo lavorato insieme a Fondazione Symbola alla stesura del Decalogo: un documento che non arriva “dall’alto” ma nasce da una strada condivisa. Il lavoro che stiamo facendo adesso è di tradurlo in azioni concrete. È l’inizio di un percorso. Abbiamo scelto di ragionare dalla sorgente fino all’estuario. Nella nostra Federazione c’è chi estrae le materie prime, chi le lavora, chi si occupa di semilavorati e chi, come me, realizza il prodotto finito: abbiamo la possibilità di lavorare su tutta la catena del valore, proprio come se fosse un fiume. Non si può fare una trasformazione verso la sostenibilità senza coinvolgere tutti gli stakeholder, tutta la forza lavoro, facendo crescere una cultura condivisa rispetto ai valori che il Decalogo esprime. Che poi dà origine a una priorità corale, non solo dei manager o degli imprenditori, ma di tutte le persone coinvolte, dai fornitori al consumatore.

Come si educano condotte di consumo più sostenibili?

Sta già accadendo in alcuni settori, uno su tutti il cibo, ed è proprio il consumatore che sta guidando questa trasformazione. Penso che i lockdown ripetuti ci abbiano portati a riflettere sulla qualità degli oggetti che ci circondano e sull’impatto delle nostre scelte. E la casa è come una cellula di un organismo più grande, il luogo in cui i comportamenti del singolo poi influenzano tutto il resto. Stiamo cambiando le nostre abitudini domestiche: l’acqua e il suo spreco sono tematiche sempre più discusse, il consumo dell’energia è tenuto in grande considerazione dal singolo. I settori dell’arredobagno e della luce stanno già proponendo soluzioni. Per l’arredamento la discussione è su più fronti. C’è la riparabilità, requisito alla base del concetto di “bello durevole”. Poi i materiali utilizzati: ci sono zone del mondo molto evolute sotto questo aspetto, come la California, che hanno adottato regole molto stringenti. Il consumatore si educa con la trasparenza: dire esattamente qual è l’impatto ambientale di un prodotto, con quali materiali è realizzato, quale durata avrà. Per questo, come FederlegnoArredo, il tema delle certificazioni è importante. Capire quali sono quelle più corrette e fare in modo che il consumatore non debba districarsi in questo labirinto di codici è un altro degli obiettivi pratici del Decalogo.

Per quello che riguarda la progettazione, avete in programma il sostegno a corsi specifici sulla sostenibilità all’interno delle grandi scuole di design?

Il rapporto con il mondo delle università e della ricerca è importantissimo. Stiamo immaginando dei percorsi formativi a livello universitario che vadano ad approfondire le tematiche della sostenibilità per il mondo dell’arredamento. Ancora non esistono. Poi c’è lo studio sui nuovi materiali, oppure l’ingegneria gestionale per rinnovare i processi produttivi che impattano in modo sostanziale. Bisogna avere un approccio olistico che non va a colpire solo un problema, ma cerca di affrontarlo a tutto tondo. Senza la pretesa di essere da subito a impatto zero, perché è una trasformazione che richiede grandi impegni. Abbiamo tanta strada davanti.

Quali obiettivi vi siete dati? Avete una tabella di marcia?

Stiamo lavorando con il 2025 come orizzonte, a fine gennaio ci incontreremo per condividere obiettivi pratici e road map. Sono in gran parte obiettivi numerici, quindi verificabili. Un esempio: la certificazione FSC per il legname da foreste certificate. Il nostro proposito è che l’80% delle aziende produttrici di semilavorati in legno siano tutte certificate FSC, in modo da rendere più semplice certificare a valle chi poi realizza il prodotto finito. Anche a livello europeo stiamo cercando di condividere questo processo e trovare sinergie.

In questo, il Salone – momento centrale di comunicazione – ha programmi specifici sulla sostenibilità?

Con il “Supersalone” di settembre abbiamo già lanciato un messaggio forte in questo senso, reso possibile grazie anche al progetto firmato dall’architetto Stefano Boeri che ha sempre avuto della sostenibilità uno dei tratti distintivi del suo percorso professionale. I pannelli erano in legno 100% riciclato e tutta la struttura dell’allestimento era assemblata a secco, quindi disassemblabile e riciclabile.

Ora stiamo lavorando con Asal, l’associazione degli allestitori, per creare linee guida che aiutino chi costruisce gli stand, ma anche gli espositori, a seguire criteri che vanno in questa direzione. Questa è una prima cosa che stiamo facendo. Abbiamo lavorato anche con Rete Clima sul “Supersalone” per misurare l’impatto dell’evento. Ad aprile, in occasione del 60esimo, ci sarà una sorpresa importante che non posso anticipare. Anzi, più di una, all’interno dei padiglioni.

Nel settore dell’arredo l’Italia si posiziona molto bene, in Europa, sul fronte della sostenibilità. C’è desiderio di migliorare?

I punti di attuazione pratica del Decalogo sono stati definiti proprio in quest’ottica. La survey che abbiamo condotto, ad esempio, ci dice che il 67% delle aziende usano materiale che viene da riciclo e un quarto di queste lo fa in modo preponderante; oppure che l’81% delle aziende usano legno certificato o il 60% delle aziende usa energia da fonti rinnovabili, e di queste il 40% usa solo energie rinnovabili. Questi numeri ci hanno rivelato che siamo posizionati bene rispetto al resto dell’Europa. Vogliamo migliorare i dati in quelle aree dove siamo carenti e anche quelle in cui siamo già virtuosi.

16 dicembre 2021