L’orchestra del “supersalone”

Stefano Boeri

Stefano Boeri, il curatore d’eccezione del nuovo Salone del Mobile.Milano dal 5 al 10 settembre, dà il benvenuto alla nuova edizione, fra best of, eventi unici e la ricchezza di un evento imperdibile.  

Per celebrare la prima edizione dopo la pandemia ha usato la metafora della fine dell’inverno. Per usare le parole di qualcun altro, le primavere tornano sempre, no?  

  

È stato davvero emozionante vedere rifiorire, vedere ripartire con l’orgoglio l’Italia. Ero alla prima della Biennale Cinema di Venezia pochi giorni fa e vedere due istituzioni come Biennale e Salone e due città internazionali come Milano e Venezia dare due segnali forti al mondo è la conferma che il nostro Paese è oggi al centro dell’attenzione internazionale - anche perché ha tenuto fede a due sfide importanti in un momento così delicato. 

 

È stato difficile convincere tutti? Designer, architetti, aziende. 

  

 Credo che sia prevalsa la consapevolezza che non si potesse aspettare un altro anno. Sarebbe stato un grande errore. Inoltre si è capito che proprio nei momenti di difficoltà si sperimentano formati nuovi. Credo che tutte le aziende abbiano visto quello che siamo riusciti a fare tutti insieme, cioè immaginare un “supersalone” nel solco della tradizione di un evento commerciale ma, contemporaneamente - facendo di necessità virtù - un evento che sperimenta nuovi formati, per esempio l’apertura al pubblico tutti i giorni, la possibilità di acquistare digitalmente i prodotti, aggiungere agli arredi molte altre novità come le collezioni del Compasso d’Oro, i prototipi delle migliori scuole del mondo, i prodotti dei maker, il food design con i migliori chef italiani, il cinema, i dialoghi, i talk, i 200 alberi di ForestaMi. Abbiamo portato la ricchezza e la varietà culturale di Milano e dell’Italia dentro al Salone. Ed è nato il “supersalone”. 

 

Non solo novità, anche uno sguardo al passato 

  

Tutte queste novità si inseriscono all’interno di un evento che resta prettamente commerciale, come profilo. Il Salone rimane il luogo dove le aziende presentano prodotti e progetti, dove incontrano rivenditori, buyers e pubblico.  

  

Ha toccato l’aspetto della collettività. È un aspetto così importante? 

  

Ho lavorato con una squadra straordinaria di curatori: Andrea Caputo, Anniina Koivu, Maria Cristina Didero, Lukas Wegwerth, Marco Ferrari ed Elisa Pasqual dello Studio Folder, il mio studio di interior con Giorgio Donà. Abbiamo lavorato tutti pancia a terra, insieme ai team del Salone e della fiera, insieme agli allestitori e alle aziende. C’è stato un “oh issa” collettivo molto bello; del resto, è una caratteristica tipicamente italiana che in momenti di emergenza siamo capaci di dare il meglio e credo che questo meglio si vedrà al “supersalone”. Eccome se si vedrà. 

  

C’è un vecchio sistema, vecchie abitudini contro cui avete dovuto battagliare?  

  

Certo, ma sono abituato a tirare dritto quando le idee sono chiare. È evidente che di fronte alla mia disponibilità purché si facesse un Salone del Mobile radicalmente diverso, ci fosse una ragionevole perplessità. Ma poi la mia proposta, nella sua interezza è stata accettata e credo che ora tutti possano ammettere che è stato bene muoversi contemporaneamente su tutti questi aspetti e non lasciarne indietro nessuno. Quando si spinge verso la novità c’è sempre una dose di resistenza, che però va usata per migliorare e affinare le proposte. E così è stato. 

  

Per questo ringrazia tutte le aziende, anche quelle che non sono venute al “supersalone”? 

 

L’aspetto democratico è una caratteristica fondamentale. Non solo l’apertura al pubblico, con un prezzo accessibile, ma anche l’online è una forte democratizzazione. Anche l’allestimento, il formato, il fatto di lavorare con sistemi a parete con il pubblico che scorre, mettendo tutte le aziende nelle stesse condizioni. È un modo per permettere a tutti di portare in scena la propria identità e i propri prodotti. 

  

Questa intervista vuole essere un benvenuto a tutte e tutti. Perché è imperdibile? 

  

Il “supersalone” è imperdibile perché unico, non credo ci sarà mai una sperimentazione così intensa. Anche perché, mentre la città negli ultimi anni ha potenziato e assorbito la dimensione commerciale degli showroom, quello che abbiamo fatto è di far assorbire alla fiera la varietà culturale, artistica, progettuale della città. Non solo prodotti, ma voci, protagonisti, intrattenimento ed eventi.  

Ma soprattutto il “supersalone” è imperdibile perché per la prima volta dopo un lungo inverno ci si ritrova tutti insieme a vivere nei padiglioni un’esperienza condivisa. I 30.000 visitatori che potranno affollare simultaneamente i padiglioni sono un segnale della vita che riprende e che possiamo tornare a fare eventi collettivi in grandi spazi. 

  

Ci sarà una grande mostra, The Lost Graduation Show, l’iniziativa del “supersalone” dedicata alle scuole di design a cura di Anniina Koivu. Uno stampo boeriano, ovvero largo ai giovani e al piacere di sperimentare. 

  

La presenza delle scuole va in quella direzione di sperimentazione e di trasformazione dell’errore in elemento di acquisizione di un sapere maggiore. In certo senso, quando si progetta non si perde mai una consapevolezza che dovrebbe essere costante nel nostro mondo. 

  

Tanti aggettivi hanno descritto questo “supersalone”, inclusivo, democratico, sostenibile, creativo, cross-disciplinare, ibrido. Qualcosa da aggiungere? 

  

L’ultima accezione che darei, anche se non dovrei dirlo io ma il pubblico, è sicuramente “incoraggiante”. 

  

Ha un best of da raccomandare? 
 

Sarà divertente sentire Carsten Höller e Hans Ulrich Obrist che vengono dal mondo dell’arte contemporanea e dialogano con il mondo del design, ma anche avere grandi cuochi come Bottura e Cracco che raccontano le strategie di composizione sarà molto simpatico. Sarà interessante partecipare alle presentazioni di aziende e designer, discutere con le scuole per capire perché oggi c’è grande attenzione sulla progettazione di strumenti della mobilità individuale, dai monopattini alle biciclette, che siano diversi, sostenibili, nuovi, condivisibili. Ci sono tanti spunti, ma con la novità che al “supersalone” non si viene solo per vedere ma anche per comprare, ascoltare, partecipare e imparare. 

  

Sarà pur inelegante parlare di soldi, ma questo aspetto commerciale resta?  

 
È un aspetto imprescindibile, è l’anima del Salone del Mobile. Fa sì che Salone e Fuorisalone siano due eventi diversi, complementari che fanno di Milano la prima piattaforma planetaria per il design nel mondo. 

6 settembre 2021