Green Imperative di Papanek: un futuro eticamente responsabile per il design

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L’opera più che mai attuale del pioniere del design sostenibile ci spinge ad accogliere la consapevolezza ecologica in questo campo, sostenendo una nuova era del design che metta la natura al centro

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Leggere l’opera di Victor Papanek nel 2022 è un’esperienza profetica. Mentre la coscienza del mondo si risveglia rispetto all’imminenza della catastrofe climatica, con lo scioglimento delle calotte polari, i rifiuti di plastica disseminati ovunque, a contaminare anche le spiagge più remote, e la fuga di intere popolazioni in cerca di riparo dall’avanzata del deserto e del mare, le sue lezioni sul design sostenibile, che risalgono ai primi anni Novanta, appaiono straordinariamente all’avanguardia.

 

Nella sua opera pionieristica The Green Imperative: Ecology and Ethics in Design and Architecture, oggi annoverata tra i classici della letteratura del design, il designer e docente nato in Austria e naturalizzato statunitense sostiene che la sua disciplina debba affrontare di petto le questioni ecologiche adottando un approccio di design socialmente ed ecologicamente responsabile rispetto ai prodotti, agli strumenti e alle infrastrutture delle comunità. 

 

Il libro invoca l’avvento di una nuova era del design, che sappia mettere la natura al centro della sua attività, esplorando una moltitudine di strade possibili, dalla scelta di materiali riciclati e riutilizzabili all’eliminazione degli imballaggi superflui, fino ad arrivare a un rifiuto dell’estetica pura e fine a sé stessa per lasciare il passo all’etica.   

 

La nuova edizione del libro nel febbraio 2022, a firma Thames & Hudson, segue la prima pubblicazione, risalente al 1995. Dopo oltre un quarto di secolo, la prosa lucida di Papanek conserva ancora la sua straordinaria incisività, e si scopre ancora più fondamentale per accendere una scintilla di consapevolezza ecologica e cambiamento profondo nel mondo del design.

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Mettere in discussione  il design per una vita intera

 

Da tempo Papanek gode di grandissima ammirazione e considerazione per le sue idee pionieristiche e audaci sulla teoria del design. Nel corso di tutta la sua carriera, che si è declinata anche nell’ambito accademico e formativo e nella scrittura, il designer si è adoperato affinché gli strumenti e le infrastrutture che progettiamo dessero più rilievo all’inclusione, alla giustizia sociale e alla sostenibilità, ponendo le basi per un design sostenibile in un mondo messo a dura prova dall’emergenza climatica. 

 

A inizio carriera, Papanek si occupava di design industriale. In seguito a un intenso periodo di vita e di apprendimento trascorso con le popolazioni Navajo, Inuit e Balinese, cominciò a elaborare la sua critica del consumismo, che rappresenta il filo conduttore di tutte le sue opere più conosciute.   

 

In un’epoca in cui c’era molta meno consapevolezza dell’impronta ecologica e sociale del design rispetto a ora, Papanek creava mobili, oggetti e dispositivi elettrici usando materiali riciclati. I suoi prodotti erano progettati per promuovere l’inclusività, e talvolta rappresentavano un atto politico.

 

Tra i progetti di Papanek, spesso realizzati in collaborazione con i suoi allievi o con colleghi designer, si ricordano i primi veicoli elettrici, televisori e radio destinati ai paesi africani, frigoriferi alimentati a energia solare pensati per i paesi tropicali, e ancora oggetti come il Fingermajig, che stimola il senso del tatto, e i Living Cubes, una serie di mobili da montare, progettati per essere modificati in base alle esigenze di chi li acquista.

 

Docente presso svariate università di tutto il mondo, Papanek è stato fonte di ispirazione per le nuove generazioni di studenti e instancabile promotore di una riflessione sul design maggiormente inclusiva e socialmente responsabile. Alla sua morte, nel 1998, ricopriva la carica di J. L. Constant Distinguished Professor presso la School of Architecture and Urban Design della University of Kansas.

 

L’opera più influente di Papanek’s, Progettare per il mondo reale (titolo originale: Design for the real world), è stata tradotta in più di venti lingue dopo la prima pubblicazione, nel 1971. Successivamente, Papanek ha pubblicato How Things Dont Work (1977) e Design for Human Scale (1983), che hanno consolidato la sua reputazione di pioniere tra i più influenti nell’ambito della politica del design.

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Progettare per un futuro più sicuro

 

Nelle sue trecento pagine scarse, divise in 12 capitoli, The Green Imperative ripercorre la storia moderna del design, parallelamente ai danni di cui ogni giorno nel mondo vediamo la manifestazione concreta. Nell’affrontare la questione più scomoda e ingombrante, ovvero la domanda “Abbiamo buttato al vento gli ultimi 25 anni e ora è troppo tardi per cambiare?”, il libro offre una vasta gamma di consigli ed esempi chiari, oltre a esprimere una critica feroce e raggelante, mettendo in mostra tanto i difetti quanto le opportunità di questo settore. 

 

Come scrive Design, “Gran parte del piacere di leggere questo libro deriva dall’immaginario vivido di Papanek e dalla franchezza con cui l’autore esprime le sue opinioni decisamente radicali”, che mettono in discussione sia i designer sia le scelte dei consumatori, e che promuovono l’importanza di lavorare su una scala più piccola e di fare acquisti più responsabili.

 

Nel testo, Papanek individua sei fasi del prodotto progettato che comportano un potenziale danno ecologico, a partire dalla scelta dei materiali e dal processo produttivo, fino ad arrivare all’imballaggio e al trasporto dei prodotti. Il rapporto tra ecologia e design diventa evidente, così come la necessità di affrontare le questioni ecologiche nella valutazione del ciclo di vita di qualsiasi prodotto.

 

Da questo libro emerge una nuova concezione di design, un approccio etico ed ecologico che impone di concentrarsi su “qualità, permanenza e artigianalità”, interrogandosi sulle “conseguenze ultime dell’introduzione di un nuovo prodotto” e promuovendo una comprensione più profonda della natura come “forza terapeutica per l’ambiente globale”.

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