Nanda Vigo a Bordeaux: una retrospettiva che sospende tempo e spazio

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Radical at “Nanda Vigo, l’espace intérieur” exhibition, MADD, Bordeaux. Photo Valérie Sadoun

La mostra dedicata alla progettista milanese al Madd di Bordeaux permette di sperimentare il suo mondo di neon, specchi e ambienti spaziali, per riscoprire la portata di una creatività proiettata verso il futuro

“Identificazione: incerta. Architetto: riduttivo. Artista: riduttivo. Designer: riduttivo. Pioneer: maybe. Anyway: Nanda Vigo”. Sono le parole con cui si presenta, in una video intervista del 2016, Nanda Vigo (Milano 1936-2020), a cui oggi il Musée des Arts décoratifs et du Design di Bordeaux rende omaggio con la prima grande retrospettiva, dopo quella milanese del 2019, che presenta la sua complessa attività progettuale, alla quale è difficile dare etichette e soprattutto confini. È la prima occasione per il pubblico francese di accostarsi a un personaggio così influente nel panorama delle avanguardie artistiche italiane degli anni Sessanta e ancora oggi troppo poco conosciuto, anche in Italia.

Nanda Vigo è prima di tutto una sperimentatrice vorace, animata da un’urgenza creativa proiettata verso il futuro. Nanda Vigo, l’éspace intérieur a cura di Justine Despretz e Victoire Brun, ricostruisce l’approccio fluido con cui ha lavorato e definito un personalissimo vocabolario progettuale, in cui arte, architettura e design si integrano con armonia in un nuovo concetto di ambiente “totale”.

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Nanda Vigo, Ambiente Cronotopico, 1968. Courtesy of Archivio Nanda Vigo, Milan, in collaboration with Glas Italia. Exhibition “Nanda Vigo, l’espace intérieur”, MADD, Bordeaux. Photo Valérie Sadoun

Lo spazio espositivo, immersivo e tematico, si articola nell’architettura del museo, ex carcere cittadino, dove si può vivere e sperimentare il suo l’universo di ricerca. Nel lungo corridoio centrale è stato appositamente ricostruito Utopie, un ambiente spaziale rosso e spaesante fatto di pareti metalliche e moquette, realizzato nel 1964 per la XIII Triennale di Milano con l’amico e collega Lucio Fontana. Fu proprio la lettura del suo Manifesto Bianco, nel 1959, a folgorare la Vigo e a inaugurare una collaborazione fondata sulle comuni ricerche intorno alla luce, al tempo e allo spazio. Nei cortili dell’ex prigione invece, ci si accosta ai primi lavori di ricerca, i Cronotipi e l’Ambiente Cronotipico: sculture di materiali riflettenti, vetro e acciaio, montate a parete o libere, che interagiscono con la luce, decostruendo i limiti spaziali e trasformandone la percezione.

Le antiche celle carcerarie accolgono approfondimenti di varia natura: il design, i progetti di interni monocromi, l’adesione a ZERO, movimento reazionario attivo a Düsseldorf dal 1957 al 1966, che vuole ridefinire il concetto di modernità e dissipare il trauma della guerra. La predilezione per una plastica che coinvolge la luce e la sua dinamica non poteva che sollecitare la curiosità della Vigo, che partecipa alle mostre e alle performances del gruppo, come testimoniano le fotografie, le riviste e i materiali d’archivio dell’epoca.

Supportati dai QR code alle pareti, si entra virtualmente in uno degli interni più rappresentativi del suo lavoro, la casa del collezionista d’arte Giobatta Meneguzzo (1968) a Malo, nei pressi di Vicenza, un vero e proprio momento di sovvertimento della consuetudine progettuale. Si tratta di un ambiente bianco continuo, onirico e sospeso, che integra con armonia arte, architettura e design. Gio Ponti, primo e ammirato maestro della Vigo, pubblicherà entusiasta, sulla sua Domus, il progetto di interni dall’atmosfera magnetica, dove le opere d’arte di Fontana, Castellani, Bonalumi e Le Parc si integrano con le pareti di ceramica, bianche e pure, che riflettono la luce e dialogano con gli arredi pelosi e la scala a chiocciola rivestita di pelliccia sintetica.

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Nanda Vigo, Trigger of the Space, 1974. Courtesy of private collection Milano & Archivio Nanda Vigo, Milan. Exhibition “Nanda Vigo, l’espace intérieur”, MADD, Bordeaux. Photo Valérie Sadoun

Radical è il titolo della “cella” dedicata al design, che per Vigo si concretizza in una precisa scelta dei materiali: specchi, vetro, metallo, plastica e tessuti si traducono in un linguaggio provocatorio di forme ibride, pelose, morbide e accoglienti, in bilico tra il prodotto e l’opera d’arte, come il pouf Blocco in pelliccia sintetica (1971) per Driade, il tavolo Blok (1972) e gli specchi Andromeda (1974) e Cosmos (1981) per Glas Italia. Per Acerbis, Nanda disegna il mobile contenitore Storet (1994) dal profilo bombato, un oggetto di forme e colori ammiccanti che l’azienda ha recentemente riproposto, proprio per la sua atemporalità.

La felice collaborazione con Angelo Lelli di Arredoluce, interlocutore coraggioso che stimola e produce le sperimentazioni della designer “radicale”, è raccontata attraverso le lampade in acciaio dalle forme decise, come Utopia, Iceberg, Linea (1969-1971) e Golden Gate, una lampada da terra alta due metri, tra le prime a utilizzare la tecnologia LED nella rarissima colorazione rossa, ai tempi impiegata solo dalla NASA per i pannelli di controllo della Missione Apollo.

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Nanda Vigo, Storet, 1992. Acerbis 1994-2001, 2020 reissue / Tables de nuit Storet, 1992. Acerbis 2020. Courtesy of Acerbis and MDF Italia srl. Exhibition “Nanda Vigo, l’espace intérieur”, MADD, Bordeaux. Photo Valérie Sadoun

Con la sua ultima produzione artistica, Nanda Vigo accoglie nelle sue opere una dimensione spirituale e antropologica elaborata durante i numerosi viaggi in Africa, Asia e Sud America, impiegando un linguaggio simbolico di volumi e forme pure - il triangolo, il cerchio, i coni - come nelle opere Trigger of the space (1974), sculture piramidali di specchi e neon, pensate come trampolini verso nuovi mondi, porte per accedere alla parte sconosciuta dell’universo.

Come dichiarano i curatori all’interno del catalogo della mostra, le opere di Vigo “Non sono oggetti contemplativi, da guardare di petto come un quadro o una statua. Devono essere vissuti internamente, come spazi, per aggiungere le nostre esperienze sensoriali” e insistono sulla portata della mostra, che “a distanza di due anni dalla sua morte, è un omaggio importante perché’, nonostante il suo notevole percorso d’avanguardia e le sue collaborazioni con Lucio Fontana, Giò Ponti, Piero Manzoni e Enrico Castellani […] Nanda Vigo non ha ancora raggiunto la fama che merita”.

Nanda non si sbagliava, è sicuramente “riduttivo” e poco proficuo cercare di circoscrivere la sua attività; meglio “fare luce” sul suo lavoro, per coglierne le rifrazioni sul futuro e continuare un percorso di comprensione che continua a generare, come avrebbe voluto, un cortocircuito sensoriale ed emotivo.

Aperta fino all'8 gennaio 2023
Nanda Vigo, l’espace intérieur, 
Musée des Arts décoratifs, Bordeaux
A cura di Justine Despretz e Victoire Brun

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Nanda Vigo and Arredoluce, 1968 - 1972. Exhibition “Nanda Vigo, l’espace intérieur”, MADD, Bordeaux. Photo Valérie Sadoun

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Nanda Vigo and Arredoluce, 1968 - 1972. Exhibition “Nanda Vigo, l’espace intérieur”, MADD, Bordeaux. Photo Valérie Sadoun

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Nanda Vigo, Golden Gate lamp, Arredoluce, 1970. Courtesy of Galleria Luisa Delle Piane. Exhibition “Nanda Vigo, l’espace intérieur”, MADD, Bordeaux. Photo Valérie Sadoun

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