Rifondare la teoria della progettazione del prodotto ufficio e degli ambienti di lavoro ponendo al centro l’uomo, i suoi bisogni reali, le sue emozioni, le sue esperienze. Questo il fine ultimo dell’installazione A Joyful Sense at Work, ideata e progettata in occasione della biennale Workplace3.0 e curata dall’architetto Cristiana Cutrona.
Il nuovo workplace sarà un organismo adattivo, non finito, vibrante, evolutivo, capace di confrontarsi con la realtà e di adattarsi al passaggio, alle necessità e all’uso che ne vorrà fare il singolo individuo. Sarà intelligente, rapido, flessibile, evolutivo, contemporaneo: un ambiente in cui l’uomo sarà protagonista attivo di un contesto in continuo movimento. Sarà felice, nutriente, fecondo e sostenibile – non solo in senso ambientale ma anche nell’accezione etica del rispetto per la psicologia, la storia, la cultura, le diversità e i diritti degli individui.
Il nuovo modello spaziale del workplace è adattivo, riferendo l’adattabilità alla possibilità creativa di gestire scenari anche inattesi e imprevedibili sia sul lungo periodo che sull’istante. L’ufficio esce dalla rappresentazione statica ed entra nell’era del palcoscenico, della creatività, dell’immaginazione.
Al centro ci sarà l’uomo. Tecnologia ed elementi d’arredo si muoveranno con e intorno a lui per soddisfare i suoi bisogni all’istante. La tecnologia diventa cloud, mobile, lo spazio si fa liquido e acquisisce capacità di riprogettarsi, di evolversi e devolversi: non più elementi fissi (arredi, partizioni, controsoffitti, pavimenti) né divisioni funzionali delle aree (area meeting, area operativa, uffici privati).
In un’area di circa 1.600 mq, A Joyful Sense at Work ha messo in scena questa nuova concezione dell’ambiente ufficio creando una piazza virtualmente divisa in tre “aree” o “regioni” dei bisogni: l’area della Concentrazione, regione chiusa, spazio privato destinato al lavoro individuale; l’area della Condivisione, regione di sosta transitoria, spazio pubblico per la collaborazione, la socializzazione e la condivisione; l’area della Creatività, spazio dell’innovazione, dell’invenzione e dell’immaginazione; che convergono in una grande piazza centrale, un Tessuto Poroso, spazio filtro, area intermedia tra pubblico e privato, luogo di opportunità e scambio.
4 gli studi di architettura di portata internazionale, selezionati in base all’area geografica di provenienza, sono stati chiamati a progettare “un’installazione nell’installazione”: Studio O+A di Primo Orpilla e Verda Alexander (Stati Uniti), Ahmadi Studio di Arash Ahmadi (Iran), dell’UNStudio di Ben van Berkel e di SCAPE di Jeff Povlo (Olanda) e Studio 5+1AA di Alfonso Femia e Gianluca Peluffo (Italia).